Una mostra-archivio che ripercorre cinque anni di progettualità diffusa e radicata nei territori. Cento artisti e cento borghi per un’indagine sull’arte come pratica situata, tra interventi permanenti, relazioni con le comunità locali e narrazioni alternative ai circuiti istituzionali
MILANO – Cinque anni, cento artisti, cento borghi. Questi numeri, che suonano come un inventario, raccontano invece una delle esperienze più radicali e interessanti dell’arte contemporanea italiana degli ultimi anni. Dove non sono mai stato, là sono – titolo che evoca l’altrove, l’ignoto, il movimento – è la mostra che la Fondazione Elpis di Milano dedica alla traiettoria di Una Boccata d’Arte, progetto nato nel 2020 da un’intuizione di Marina Nissim e oggi considerato un laboratorio diffuso di pratiche artistiche site-specific nei contesti marginali del paese.
L’esposizione, allestita nella sede della Fondazione Elpis, non si presenta come una retrospettiva né come una mappa esaustiva. È piuttosto un montaggio stratificato, un esercizio di memoria non lineare che restituisce per affioramenti la molteplicità di gesti, opere e relazioni attivate nel tempo.

Tra le opere esposte all’esterno: Abracadabra di GRJB, una grande scritta installata nel 2023 a Pietragalla (Basilicata); l’insegna al neon viola di Villiam Miklos Andersen a Serre di Rapolano (Toscana); la scultura Phone User di Judith Hopf, già vista a Civitella d’Agliano; il fregio in ferro di Binta Diaw, nato da una tappa piemontese del progetto.
Geografie minori e pratiche radicate
Nata come risposta al blocco pandemico e all’isolamento culturale del 2020, Una Boccata d’Arte ha scelto fin dall’inizio di operare fuori asse: non solo lontano dai centri urbani, ma fuori dai meccanismi consueti di produzione artistica. Nei borghi disseminati lungo la dorsale appenninica, nelle aree interne abbandonate, nei paesi in via di spopolamento, il progetto ha agito in ascolto, mettendo in relazione artisti, comunità, storie, paesaggi e memorie.
Opere come Whalebone Arch di Claudia Losi – una grande scultura in terra dell’Impruneta installata a Presicce-Acquarica (Lecce) – o le sculture sommerse di Giulia Mangoni a San Lorenzo Dorsino (Trentino-Alto Adige), testimoniano un approccio site-specific che supera il gesto artistico isolato, radicandosi nel tempo e nello spazio. Come anche il cancello in ferro di Diana Policarpo per l’antica porta del castello di Montegridolfo (Rimini), o l’arco luminoso dedicato ai minatori di Abbateggio (Pescara) da Agnese Spolverini.
Contro la “borgomania”
In questo senso, la mostra si pone anche come strumento di riflessione critica. A emergere è la consapevolezza dei limiti dell’attuale narrazione mainstream sui borghi italiani, quella che Antonio De Rossi ha definito “borgomania”: una deriva estetizzante e omologante che rischia di ridurre i paesi a semplici scenografie disabitate. Una Boccata d’Arte reagisce a questa logica attraverso un modello relazionale basato sulla presenza e sulla responsabilità.
Emblematico il lavoro di Mohsen Baghernejad Moghanjooghi a Santa Severina (Calabria): tre interventi permanenti – un pavimento in marmo e due scritte murali in italiano e in farsi – sono stati donati in cambio dell’impegno del sindaco a piantare 1.900 alberi, uno per ogni abitante.
L’arte come infrastruttura relazionale
Nel percorso espositivo interno, si alternano opere e documenti che restituiscono la dimensione processuale e partecipata del progetto. Le torri-sogno di Matteo Nasini, realizzate per Soverato Vecchia (Calabria), dialogano con i bozzetti di Gaia Di Lorenzo, i disegni performativi di Antonio Della Guardia, e i tondi pittorici di Alice Visentin, ispirati al borgo di Avise (Valle d’Aosta).
Due nuove produzioni completano questo racconto: la mappa allegorica di Simone Carraro e l’intervento site-specific di Mattia Pajè, che attiva il vano scale con un murale e tre opere su carta, proseguendo il ciclo Pila Thinkerwiller, avviato nel 2023 a Toscolano (Umbria).
Archiviare il vivente
Uno degli spazi più significativi è il piano interrato, trasformato in ambiente immersivo dove l’archivio diventa narrazione. Qui convivono suoni, video, edizioni rare e documentari: tra questi, le opere di Fabrizio Bellomo, Eva Marisaldi, Elena Mazzi, Agostino Quaranta; i documentari di Baratto & Mouravas, Beatrice Celli, Virginia Russolo; un video-montaggio continuo restituisce la geografia e il ritmo dei cento progetti.
Una struttura in gommapiuma di Sabrina Melis (La sera, dalle 7 alle 9) ospita le pubblicazioni realizzate nei borghi: tra queste, Caro Montemarcello di Alice Ronchi (Liguria, 2022), Fortuna di Centuripe di Renato Leotta (Sicilia, 2023), The Sacred Ordinary di Beatriz de Rijke (Molise, 2024), Elixsir di Irini Karayannopoulou (Friuli-Venezia Giulia, 2021), Sibillina di Caterina Morigi (Marche, 2024).
Al primo piano, l’installazione del collettivo Atelier Tatanka rielabora oltre 3.000 immagini d’archivio in una mappa visiva del progetto. Organizzate secondo i concetti chiave di territorio, percorso, relazione e catalogazione, le fotografie diventano atlante analitico, più che celebrativo, offrendo nuove possibilità interpretative.
Completano la mostra tre performance vocali curate da Threes nell’ambito del programma pubblico Voices: protagonisti saranno Elena Rivoltini (Bassiano, 2024), Beatriz de Rijke (Guardialfiera, 2024) e il collettivo Polisonum (Gesualdo, 2021), in tre appuntamenti che intrecciano voce, memoria e paesaggio. I contenuti dell’esposizione saranno il soggetto del prossimo numero di “Periodiko”, il magazine annuale redatto e pubblicato da Fondazione Elpis che racconta per immagini e testi le esperienze più emblematiche promosse dall’Istituzione.

Abitare l’arte, abitare i luoghi
Dove non sono mai stato, là sono non è una mostra “su” Una Boccata d’Arte, ma una sua prosecuzione in altra forma. È un invito a ripensare i modi in cui l’arte può abitare i territori senza appropriarsene, lasciando spazio alla trasformazione. A cinque anni dalla nascita, il progetto si conferma come una delle esperienze più incisive nel panorama italiano, capace di coniugare prossimità e visione, geografia e ascolto, archivi e narrazione, per dare vita a nuove modalità di “abitare” l’arte.
Vademecum
Dove non sono mai stato, là sono
8 maggio – 6 luglio 2025
Orari di apertura: da giovedì a domenica, h 12-19
Ingresso libero
Fondazione Elpis
Via Lamarmora 26, Milano
www.fondazioneelpis.org
Contatti: +39 02 8974 5372 | info@fondazioneelpis.org
Social: IG: @fondazioneelpis | FB: Fondazione Elpis | #fondazioneelpis
Come arrivare: MM3 Crocetta; Tram linea 16 (fermata Via A. Lamarmora)
Accessibilità: i tre piani espositivi sono collegati da un ascensore.