Luca Nannipieri nel suo saggio “A cosa serve la storia dell’arte” ci racconta un’iniziativa da lui attuata: “Quando sono stato Assessore alla cultura e all’istruzione del comune di Cascina, vicino Pisa, ho fondato il primo museo permanente di quel territorio di cinquantamila abitanti: quasi cinquanta statue e bassorilievi in gesso, risalenti a un arco di tempo tra Otto e Novecento, stavano marcendo tra escrementi di topo in un magazzino; non potevo accettarlo, il cuore, la coscienza, il senso della storia non me lo permettevano; così, in pochi mesi, li ho tolti dalla disgrazia in cui erano finiti, li ho musealizzati creando una gipsoteca”.
Un esempio di quello che l’autore, egli stesso storico e critico dell’arte, ritiene sia la funzione di chiunque svolga il suo mestiere. Secondo Nannipieri è sbagliato ritenere che il critico esaurisca il suo ruolo nel mero “giudicare”. Per Luca Nannipieri la storia dell’arte non ha solo bisogno di studi specifici su artisti, scuole storiche e geografiche, ma anche di una meditazione approfondita sulle questioni di base, sulle cui fondamenta poggia l’utilità stessa della storia dell’arte e dello storico dell’arte, la necessità di conservare manufatti e opere, lo spirito da cui è mossa una comunità quando preserva i simboli e le testimonianze del passato.
Nel far questo l’autore mette a confronto il suo pensiero con i riferimenti fondativi della disciplina della storia dell’arte, con gli storici direttori di alcuni dei più autorevoli musei italiani ed europei, persone che hanno conquistato un posto nella storia preservando capolavori che, per ragioni varie, avrebbero potuto essere distrutti. Acquista un posto di rilievo nei campi di azione la lotta al crimine, a partire dalla capacità di saper riconoscere l’autenticità di un’opera, l’essere consci che un falso non è tale finché non viene smascherato, le responsabilità dei critici e degli archeologi nel contrasto al contrabbando internazionale: “Tutto sta nel non fare ciò che, invece (…) dovrebbe rigorosamente fare il critico d’arte: ovvero non fare una severissima, inflessibile analisi di documenti e carte che vengono messi a disposizione”.
Nannipieri indaga la forza delle comunità aperte alla persona, l’inesistenza di una cultura gerarchica divisa in alta o professionale, e bassa o locale, vede nelle gerarchie l’origine delle ingiustizie. Esamina la persona, lo Stato, la struttura che ingabbia, ritenendo che un pensiero dominante sull’arte abbia come vittima la persone. “A cosa serve la storia dell’arte” è un’opera di teoria chiarificatrice e di disciplina pratica per lo studio e la conservazione dell’arte, un contributo di militanza al servizio delle comunità.
Luca Nannipieri, critico e storico dell’arte, ha pubblicato con Skira Capolavori rubati (2019) e Raffaello (2020); dalla sua rubrica su RaiUno, “SOS Patrimonio artistico”, Rai Libri ha pubblicato il volume Bellissima Italia. Splendori e miserie del patrimonio artistico nazionale. Tra gli altri suoi libri, ricordiamo quelli allegati al quotidiano “Il Giornale”, come L’arte del terrore. Tutti i segreti del contrabbando internazionale di reperti archeologici, Vendiamo il Colosseo. Perche privatizzare il patrimonio artistico e il solo modo di salvarlo, Il soviet dell’arte italiana. Perche abbiamo il patrimonio artistico più statalizzato e meno valorizzato d’Europa. Dirige Casa Nannipieri Arte, curando mostre e conferenze, da Giacomo Balla a Keith Haring.
A cosa serve la storia dell’arte
Di Luca Nannipieri
Editore: Skira
Collana: Skira paperbacks
Anno edizione: 2020
In commercio dal: 7 dicembre 2020
Pagine: 224 p., Brossura