ROMA – Apre mercoledì 18 dicembre la mostra ARCHITETTURA, SILENZIO E LUCE. Louis Kahn nelle fotografie di Roberto Schezen, realizzata in occasione dell’acquisizione nelle Collezioni di Fotografia del MAXXI Architettura del Fondo donato da Mirella Petteni Haggiag.
L’esposizione presenta un corpus di scatti del fotografo milanese Roberto Schezen per una delle principali monografie su Louis I. Kahn, curata da Joseph Rykwert e pubblicata da Abrams nel 2001.
Architetto di formazione Schezen (Milano 1950 – New York 2002), nel corso della sua lunga ricerca in questo campo, ritrae gli edifici di Louis Kahn e Adolf Loos e quelli di Vienna del periodo della Secessione, oltre a palazzi, castelli e prestigiose abitazioni europee e americane.
L’architettura di Louis Isadore Kahn (Isola di Osel, 1901- New York 1974) rappresenta una perfetta sintesi tra tradizione e modernità. All’età dicinquant’anni Kahn si afferma a livello internazionale, diventando presto un maestro dell’architettura del Novecento. Senza ricorrere a mere citazioni del passato, nei suoi progetti ricerca l’archetipo. I suoi edifici si fanno volumetricamente sempre più solidi e, in contrapposizione con la compattezza della materia, la luce ne diventa un elemento fondamentale. La sua architettura, così definita, assume un respiro monumentale.
La mostra al MAXXI si articola in due parti e attraversa i principali progetti di Kahn: dall’Indian Institute of Management di Ahmedabad al Kimbell Art Museum di Forth Worth, dalla Phillips Exeter Library in New Hampshire all’Assemblea Nazionale di Dacca. La luce, l’ombra, il silenzio e l’ordine, paradigmi comuni all’architettura e alla fotografia, sono a tutti gli effetti elementi del lessico progettuale di Kahn. Lo sguardo di Roberto Schezen, autore che lo ha certamente amato e che ha trovato nei suoi progetti un’occasione per riflettere sulla propria ricerca, ne assorbe e restituisce la lezione attraverso l’immagine fotografica.
Il silenzio in cui sono immersi gli spazi fotografati da Schezen, ripresi sempre in assenza di persone, è interrotto solo dai pensieri di Kahn: densi come manifesti programmatici ma leggeri come brevi liriche, i suoi testi arricchiscono il percorso di un livello di lettura ulteriore, creando risonanze tra le parole e le immagini che sembrano dilatare lo spazio della mostra.