NUORO – Il dolore e la speranza, così come la poesia e la forza espressiva dell’opera di Maria Lai (Ulassai, 1919 – Cardedu, 2013), sono al centro della mostra ospitata, dal 17 luglio al 4 settembre 2021, presso la Cantina Antichi Poderi, a Jerzu, nel cuore dell’Ogliastra, terra d’origine dell’artista, dal titolo Ricucire il dolore – Tessere la speranza. “La Via Crucis” di Maria Lai, a cura di Micol Forti, Curatore della Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani.
Attraverso i telai e i fili, Maria Lai ha “tessuto” la sua storia e quella della sua terra, ha utilizzato materiali poveri e recuperato tradizioni semplici, trasformandole in un’arte di estrema raffinatezza ed armonia, al tempo stesso innovativa e rivoluzionaria, ma soprattutto di una rara potenza narrativa.
La mostra presenta un corpus di magnifici lavori,molti dei quali inediti.A raccontarla è la curatrice Micol Forti.
Da cosa nasce il suo coinvolgimento in un progetto dedicato a Maria Lai?
Conosco da tempo Maria Sofia Pisu, nipote di Maria Lai, che è anche il Presidente della Fondazione e dell’Archivio Maria Lai. Ho lavorato con loro e studiato a fondo la figura di Maria Lai. Ma il mio coinvolgimento nasce anche in ragione del ruolo che svolgo ai Musei Vaticani. Maria Lai è stata, infatti, un’artista che, pur nel suo sostanziale agnosticismo, era comunque cattolica di formazione, anche se non praticante, e non ha mai eluso nel suo lavoro i soggetti sacri, come dimostra la realizzazione, non solo di questa Via Crucis, protagonista della mostra, ma anche di quella per la chiesa di Carmeddu. Ha inoltre sempre pensato l’arte come un momento fortemente collettivo e aggregante e, soprattutto, come un luogo in cui è possibile raccontare il dolore, ma anche costruire una speranza comune. Le tematiche sacre, che troviamo anche in alcune sue riflessioni scritte, rappresentano quindi per Maria Lai uno degli aspetti comuni della vita sociale, collettiva, che riteneva fondamentali in tutta la sua azione artistica. Tra l’altro, nella Collezione che dirigo ai Musei Vaticani non è presente alcuna opera di Maria Lai, mentre potrebbe essere una rappresentante ideale per raccontare i tanti modi in cui gli artisti del Novecento hanno riflettuto sul sacro,anche al di fuori del loro coinvolgimento personale in una fede religiosa.
Il titolo della mostra fa riferimento alla “Via Crucis”, può raccontare in che cosa consiste questo lavoro realizzato nel 1981?
Quest’anno, innanzi tutto, si festeggiano i 40 anni della messa in opera della Via Crucis nella parrocchia di Ulassai,insieme alla grande performance che coinvolse tutto il paese, sempre del 1981, dal titolo “Legarsi alla montagna”, la più celebre azione collettiva di Maria Lai. Si celebra dunque un doppio compleanno.
“La Via Crucis” è un’opera molto particolare. Consiste in 14 cassette in legno, alte più di due metri, di circa 20 cm di larghezza, un formato fortemente rettangolare, in cui l’artista ha applicato dei cartoncini neri sui quali ha cucito le 14 scene delle Stazioni con un filo bianco. Il filo qui non è solo il sostituto di una matita, ma diventa un protagonista formale, oltre che narrativo. L’artista lo aggroviglia, lo annoda, lo lascia penzolare, lungo questi due metri. I fili suggeriscono l’idea di lacrime che scendono o viceversa la salita della vita, dal basso verso l’alto. Il filo è quindi fisicamente molto presente, descrive e nasconde al tempo stesso le scene.
Maria Lai realizza delle fotocopie di alcune di queste Stazioni, prima della loro collocazione in chiesa. Fotocopie fatte male, sbiadite, sfocate. L’artista decide, molti anni dopo, di tornare su quelle “impronte”, che sono veramente il velo della Veronica, ritessendole con un altro filo, cioè senza ripassare le scene originali, ma creando dei nuovi percorsi. Quindi l’artista ri-percorre quel cammino su due livelli molto interessanti: torna a riflettere sul soggetto sacro, ma anche su se stessa, sulla sua opera, su un’immagine già esistente, rinnovandone però gli esiti e amplificando le questioni squisitamente estetiche.
Interessante rispetto a quest’opera è anche il fatto che l’artista sia partita da un’immagine popolare, da un’iconografia di stampo tradizionale. Non si tratta di composizioni astratte, ma di immagini ben riconoscibili: c’è il soldato, l’elmo, la croce, il Cristo con la clamide, ovvero la veste lunga tradizionale con cui sale il Golgota. Maria Lai adotta un taglio compositivo particolare, che bisognerebbe ancora studiare, anche perché non esistono bozzetti preparatori.
L’artista con cartone e filo di cotone, quindi con prodotti poveri, e un’iconografia molto tradizionale, popolare, realizza un lavoro di una raffinatezza estetica e di una forza innovativa assolutamente unica. Questo ritornare su quelle immagini, sganciandole dal contesto liturgico, ecclesiastico, le trasforma in un’opera privata e intima. Queste opere in mostra sono infatti inedite. Erano conservate nel suo studio e rimaste sempre dentro la sua cassettiera, quindi erano state create per se stessa e non per essere esposte.
Quali altri opere troviamo in esposizione?
C’è una serie molto importante di disegni, anche questi inediti, realizzati a carboncino, tra gli anni 40 e gli inizi degli anni 60. Sono caratterizzati da un segno estremamente sintetico, molto essenziale, attraverso il quale Maria Lai ha fermato alcuni dettagli del mondo e della realtà in cui è cresciuta. Rapidissime silhouette di contadine al lavoro, di uomini che vanno a caccia, di animali che pascolano, di telai – i suoi famosi telai – mani con il fuso, con la conocchia, mani che preparano il filo, uno degli elementi portanti della sua creazione. Sono in tutto circa una cinquantina di disegni, alcuni dei quali acquarellati. Disegni davvero straordinari che ho scelto di mettere in dialogo con il soggetto sacro perché, di fatto, per Maria Lai il soggetto sacro è un soggetto di vita, portato nella nostra storia, nel nostro presente, quindi non qualcosa di astratto.
In mostra anche un libro cucito, dal titolo “Profezie”, anch’esso quindi legato alla tradizione mistica, dove però la scrittura non è la parola decodificabile, semanticamente individuabile attraverso la lettura, ma è quella del ritmo della cucitura, della composizione della pagine. Un libro cucito con filo nero su pagine bianche, parzialmente acquarellate, quasi come una lunga barba nera che suggerisceilvolto del “pantocrator”.
Infine, è esposto anche un telaio. Come noto, la produzione artistica di Maria Lai è una riflessione attorno ai telai, resi opere a se stanti. Sono oggetti attraverso i quali l’artista si cala nella vita reale con un capacità innovativa e rivoluzionaria,che forse necessita ancora di un ulteriore lettura.
La mostra è ospitata nella Cantina Antichi Poderi, uno spazio molto particolare in un luogo altrettanto insolito…
E’ uno spazio nuovo che inaugura proprio con questa mostra. E’ una ex cantina, all’interno di una cooperativa agricola, interamente restaurata e trasformata in uno spazio per conferenze. L’Ogliastra si trova tra le montagne piuttosto brulle della Sardegna, da cui è possibile vedere il mare all’orizzonte. Una terra aspra, sicuramente non facile da raggiungere, ma la sfida di questa mostra è anche quella di poter attratte visitatori, tra i molti che frequentano la Sardegna, in questi luoghi meno mondani, ma fortemente autentici, che Maria Lai ha amato profondamente fino a decidere di viverci per sempre.
Non solo una mostra, ma anche un Festival. Di cosa si tratta?
La mostra è parte della prima edizione del Festival “Un filo bianco”, un progetto annuale che ha l’obiettivo di ragionare, per due o tre giorni ogni anno, su ogni singola Stazione della Via Crucis. Ogni stazione diventerà motivo di approfondimento da diverse prospettive. L’intento non è solo quello di parlare dell’opera di Maria Lai da un punto di vista artistico, ma anche sociale, giuridico, socio-economico. Il titolo di questa edizione è “Un’ingiusta condanna”. L’opera di Maria Lai diventa lo spunto per aprire a diverse riflessioni. A questa edizione ne seguiranno quindi altre 13, visto che le stazioni sono appunto 14.
Verrà presentata anche una pubblicazione in occasione della mostra?
Sarà presentato, sempre il 17 luglio, il volume “Maria Lai. Legarsi alla montagna” (edito da 5 Continents Editions di Milano e la Fondazione Maria Lai ndr), realizzato in occasione dei quarant’anni della performance, da cui prende il titolo, e della Via Crucis. Una pubblicazione che presenta le fotografie di tutta l’azione collettiva del 1981. Una performance davvero unica, c’è infatti da immaginare la diffidenza e la perplessità degli abitanti nel seguire questa stravagante e giovane donna che voleva legare le case tra loro e quest’ultime alla montagna, con un filo di jeans. Il libro presenta, non solo la campagna fotografica, ma anche le foto ritoccate da Maria Lai. L’artista aveva fatto stampare le foto in bianco e nero ed era intervenuta con pennellate azzurre, creando delle immagini a contrasto. Parte di queste foto sono note, altre invece pubblicate per la prima volta. Sono inoltre accompagnate da un bellissimo testo di Elena Pontiggia.
Un’ultima domanda, come cambia l’approccio curatoriale nella realizzazione di una mostra di questo tipo, rispetto al suo lavoro nella Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani?
Come Musei Vaticani ci confrontiamo con moltissime realtà: internazionali, a volte simili alla nostra, altre volte completamente differenti. Fa dunque parte dell’esperienza di un grande Museo avere rapporti con strutture diverse. Devo dire che in questo caso specifico l’organizzazione della Fondazione e dell’Archivio Maria Lai è molto strutturata. Si tratta di un’istituzione giovane che ha moltissimo lavoro da fare, soprattutto a livello di inventariazione delle opere, ma è anche condotta con una professionalità e un amore davvero rari. C’è un’attività interessante da portare avanti, anche perché Maria Lai è un’artista che deve assolutamente varcare, in modo consistente, i confini del nostro paese. Per realizzare questo, è sicuramente necessario che la famiglia, che custodisce la documentazione e la memoria dell’artista, lavori in sintonia con le istituzioni pubbliche, proprio per consentire un suo ingresso nell’ambito dell’arte contemporanea internazionale a pieno titolo. In parte questo è già stato fatto, l’opera di Maria Lai è stata infatti ospitata a Kassel, alla Biennale di Venezia, ma è un lavoro da svolgere in modo ancora più sistematico, come d’altra parte anche per altre artiste donne italiane, che spesso soffrono di una visibilità meno consistente.
{igallery id=3692|cid=2366|pid=1|type=category|children=0|addlinks=0|tags=|limit=0}
Vademecum
Ricucire il dolore – Tessere la speranza. ‘La Via Crucis’ di Maria Lai
17 luglio- 4 ottobre 2021
Cantina Antichi Poderi, Jerzu – Nuoro
Via Umberto I, 1
Archivio Maria Lai
Mail: archiviomarialai@gmail.com
Fondazione Maria Lai
Mail: info@fondazionemarialai.it
Per informazioni sul festival “Un filo bianco”:
Parrocchia S.Antioco – Ulassai
www. unfilobianco.it
Mail: info@unfilobianco.it