Il silenzio del Lockdown, fino al 3 aprile a Spazio5, racconta una Roma silenziosa e dolente di cui non sapevamo l’esistenza e che invece le foto ci restituiscono in tutta la sua irreale e cinematografica bellezza.


A ripensarci adesso sembrano le immagini di un film catastrofico di quelli che ogni volta che ne guardiamo uno commentiamo: “ma dai, che esagerati!”. Eppure il Covid, esattamente cinque anni, c’è stato eccome. A ricordarcelo, e a ricordarci lo spaesamento di quei giorni, il senso di vuoto, una realtà deformata dall’assenza, ci pensano le foto di Francesco Toiati, fotoreporter di lunga data che, dopo aver fotografato la guerra nata dalla dissoluzione dell’ex Jugoslavia e la rivoluzione in Romania, è dal ’94 uno degli occhi fotografici più apprezzati del quotidiano romano Il Messaggero. Proprio per Il Messaggero Francesco ha battuto in lungo e in largo la città in quelle lunghissime giornate in cui, chi poteva, rimaneva protetto a casa ma chi, come lui, aveva il compito di documentare la realtà non poteva esimersi dal quotidiano reportage dei tempi del silenzio.
Il silenzio del Lockdown – Roma al tempo del covid, la mostra fotografica che espone le sue foto fino al 3 aprile a Roma, alla galleria Spazio5 in via Crescenzio 99/d, racconta proprio quel mondo irripetibile e lontano che tutti sperano non torni più ma che ha già cominciato ad assumere i contorni di un passato remoto quasi romanzato. Una Roma silenziosa e dolente di cui non sapevamo l’esistenza e che invece le foto in mostra ci restituiscono in tutta la sua irreale bellezza.

«Sembrava di essere in quei film di fantascienza o di Zombie, in cui non girava assolutamente nessuno – racconta Toiati che ha organizzato la mostra con il supporto di Quinta Dimensione APS e Identità Fotografiche. – Ad aprile quando è cominciata la fase del blocco totale e potevamo uscire solo noi, a Largo Argentina mi sono reso conto del silenzio assordante. È passato un signore molto anziano con un carrello e ha fatto alzare una nuvola di piccioni che erano fermi chissà da quanto tempo. Così ho pensato che la cosa più difficile da riportare nelle foto che sono poi diventate la mostra, era il silenzio». E proprio il silenzio sembra essere la cifra di tutte le fotografie esposte.
Il silenzio che si esprime nella dimensione di quelle giornate immobili, nelle immagini incredibili di una città fino al giorno prima assediata dal traffico e dall’inquinamento e improvvisamente trasformata in un’oasi vuota che anche gli animali ricominciavano a frequentare. Alcune, dell’aprile 2020, raccontano la città vista dall’alto, grazie all’elicottero del Reparto Volo dei Carabinieri dal quale Toiati ha potuto osservare gli spazi di una città apparentemente disabitata. Luoghi che conoscevamo solo nella loro brulicante e vociante dimensione appaiono spogli e silenziosi: piazza San Giovanni disabitata, la Stazione Termini svuotata di treni e autobus, Piazza del Popolo metafisica, il Campidoglio improvvisamente immobile e senza tempo. Anche il litorale romano, con la lunga spiaggia che costeggia il mare grigio ancora invernale spoglia di ombrelloni e ricca solo di un geometrico e irreale ordine, sembra soccombere ad un irripetibile e cinematografico silenzio.

