ROMA – E’ stato rinvenuto nel corso degli scavi per la riqualificazione di piazza Augusto Imperatore, un cippo pomeriale di travertino. ll pomerio era il limite sacro che separava la città in senso stretto (urbs) dal territorio esterno (ager): uno spazio di terreno, lungo le mura, consacrato e delimitato con cippi di pietra, dove era vietato arare, abitare o erigere costruzioni e che era proibito attraversare in armi.
Grazie all’iscrizione, il cippo può essere ricondotto con assoluta certezza all’imperatore Claudio e, dunque, all’ampliamento del pomerio da questi effettuato nel 49 d.C., stabilendo il nuovo “limite” – sacro, civile e militare – della città.
Per la sua importanza e per i suoi significati, il pomerio veniva modificato molto raramente.
Prima di Claudio Seneca menziona Silla come unico precedente. Tacito cita anche Giulio Cesare. Altre fonti ricordano ampliamenti di Augusto, Nerone e Traiano e Aureliano. L’autore dei cambiamenti si pone come “nuovo fondatore” della città. Ed è proprio questo che, con l’andamento segnato dai suoi cippi, fa Claudio, dopo la conquista della Britannia: rivendica l’ampliamento dei confini del popolo romano, in una visione articolata, che pur segnando il territorio non guarda solo ad esso, ma consente di comprendere sguardi politici, filosofia, strategia, perfino ambizioni.
La serialità del testo ufficiale inciso sui cippi permette di ricostruire la parte mancante. Claudio, secondo la formula di rito, viene ricordato con i suoi titoli e le sue cariche e rivendica l’ampliamento del pomerio, non menzionando territori conquistati, ma sottolineando l’allargamento dei confini del popolo Romano. Ciò significa quindi allargamento del confine fisico, ma può indicare anche l’ingrandimento del corpo civico, con l’estensione della cittadinanza romana alle élites (primores) della Gallia. L’espressione è volutamente ambigua. In ogni caso, l’ampliamento del pomerio indica un allargamento della visione dell’Urbe. Claudio interviene sullo spazio della città attraverso un’azione che ha una forte valenza religiosa, politica e simbolica.
L’impaginazione e la disposizione del testo conservato ricalcano quelle degli altri esemplari noti. Non si conserva il numerale seriale, che in tre casi compare sul fianco sinistro del cippo, e la parola pomerium, in due casi attestata sulla sommità. L’intervento sul pomerio effettuato da Claudio è l’unico attestato sia a livello epigrafico sia a livello letterario. Non solo. È l’unico menzionato nella lex de imperio Vespasiani, come precedente, nonché quello che apre il dibattito sui nomi degli autori di eventuali ampliamenti del pomerio. I rinvenimenti epigrafici, poi, testimoniano due interventi condotti da Vespasiano e Tito, nel 75 d.C., e da Adriano nel 121 d.C., che però sono completamente ignorati dalle fonti letterarie.
Il cippo (193cmx74,5cmx54cm) da oggi si può ammirare nella Sala Paladino del Museo dell’Ara Pacis, dove si trova il calco della statua dell’imperatore Claudio, assicurando così la conservazione e consentendo al contempo la fruizione da parte del pubblico, in attesa della collocazione definitiva negli spazi museali del Mausoleo di Augusto.
“Il cippo del pomerio di Claudio – ha detto la Soprintendente speciale di Roma, Daniela Porro, intervenuta all’Ara pacis – è un ritrovamento eccezionale sia dal punto di vista storico che archeologico, ma anche emozionale, perché è stato trovato intero esattamente sul suo luogo originario. Sono dieci i cippi del pomerio di Claudio che conosciamo, la maggior parte dei quali rimpiegati in altri monumenti, quindi non nel luogo originario. E poi è conservato intero, mentre della maggior parte è conservata soltanto la lastra con l’iscrizione. Dal punto di vista storico è importante perché ci restituisce elementi importanti per ricostruire ancora meglio la storia della città.” “Il cippo – ha spiegato ancora Porro – ci racconta la volontà dell’imperatore di ampliare i confini della città all’interno della quale non potevano entrare uomini armati, ma al di fuori della quale vi erano poi sepolcreti e mausolei, come lo stesso Mausoleo di Augusto. In un momento in cui la città si era allargata, abbracciava anche una popolazione più ampia. Purtroppo non è stato possibile conservare in situ il reperto che saràesposto all’interno Mausoleo di Augusto e che oggi è qui al Museo dell’Ara pacis dove si può ammirare”.
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