FIRENZE – La Grotta del Buontalenti nel giardino di Boboli a Firenze, chiusa dal lockdown dello scorso marzo, torna visitabile ma esclusivamente sul web. Il celebre angolo del parco mediceo si può ammirare, dall’11 febbraio, virtualmente e gratuitamente sul sito delle Gallerie degli Uffizi (www.uffizi.it). Nella Grotta, digitalizzata ad alta definizione e ricostruita in 3D, è possibile entrare dal proprio computer o dal cellulare, ”camminando” tra le rocce artificiali e ammirando i dettagli di sculture, affreschi, finte stalattiti di ognuna delle tre stanze di questo luogo meraviglioso, creato nel Cinquecento per stupire e per dare refrigerio a chi vi entrava. È anche possibile cliccare sulle opere contenute al suo interno per ottenere su di esse ulteriori informazioni storiche ed artistiche.
Tra le varie grotte del giardino di Boboli, la Grotta Grande, o Grotta del Buontalenti, è uno degli spazi più noti, per giunta visibile da Piazza Pitti. Iniziata da Giorgio Vasari, che ne creò la parte inferiore della facciata, la sua costruzione fu curata soprattutto da Bernardo Buontalenti tra il 1583 e il 1593, su incarico di Francesco I de’ Medici. L’ambiente, una fiabesca alchimia di natura e artificio, desta in chi vi entra sorpresa e incanto: questo capolavoro dell’arte manierista, infatti, rappresenta una singolarissima commistione tra architettura, pittura murale e scultura. Fino al 1924 vi erano collocati i quattro Prigioni incompiuti di Michelangelo, ora sostituiti da calchi in gesso. Tra le varie opere accolte nei suoi spazi, da segnalare, nelle nicchie due lati dell’entrata, le statue di Cerere e Apollo di Baccio Bandinelli.
“Chi nei secoli passati entrava nella Grotta – commenta il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt – veniva subito sorpreso da spruzzi di acqua fresca che regalavano un inaspettato refrigerio. Oggi per varie ragioni questo ‘scherzo’ non è possibile, ma l’incanto rimane. Al suo interno infatti si viene subito accolti da sculture di pastori e capre, piante e animali dipinti, rilievi di strane creature coperte da licheni e spugne finte, come cresciuti nell’umidità e nell’ombra. E poi ci sono due tra le più belle sculture del Manierismo toscano: Il Teseo ed Elena di Vincenzo de’ Rossi – una coppia di amanti allacciata nel più tenero degli abbracci – e la Venere di Giambologna, inno alla grazia e alla bellezza del corpo femminile”.