BOLOGNA – Un nuovo metodo per la pulizia e il restauro di opere d’arte, nato dall’ingegno di ricercatrici dell’Università di Bologna, promette di rivoluzionare il settore. Si tratta di un tessuto non tessuto prodotto mediante elettrospinning, brevettato dall’Alma Mater e in grado di rimuovere vernici sintetiche e naturali da dipinti, sculture, reperti archeologici, materiale archivistico e pellicole cinematografiche.
Come funziona?
Le ideatrici del metodo, Giorgia Sciutto e Chiara Gualandi, professoresse del Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” dell’Università di Bologna, hanno individuato le criticità dei metodi tradizionali di pulizia, basati su tamponi di cotone usa e getta imbevuti di solvente. Il nuovo metodo rappresenta una soluzione innovativa e sicura, con notevoli vantaggi per la conservazione dei beni culturali e la salute dei restauratori.

Il tessuto non tessuto viene semplicemente appoggiato sulla superficie da pulire. Il solvente entra in azione, sciogliendo o facendo gonfiare lo strato di vernice da rimuovere che viene poi assorbito dal tessuto. In pochi minuti, l’operazione è completa.
“Per la pulitura di opere d’arte oggi vengono utilizzati soprattutto i cotton swab: tamponi di cotone usa e getta imbevuti di un solvente, in grado di dissolvere o rigonfiare lo strato di pittura che si vuole rimuovere”, spiegano Giorgia Sciutto e Chiara Gualandi. “Questa operazione richiede però tempo, grande attenzione e spesso la necessità di azioni ripetute, perché in molti casi non è possibile rimuovere completamente lo strato di vernice con una sola applicazione”.
“L’utilizzo della tecnologia permette inoltre all’operatore un dosaggio più controllato del solvente da utilizzare”, aggiungono Sciutto e Gualandi. “Controllare la quantità di soluzione è infatti fondamentale, perché un basso dosaggio abbassa l’efficacia della pulizia, mentre un dosaggio troppo alto danneggia gli strati pittorici sottostanti allo strato da rimuovere”.

I vantaggi del tessuto non tessuto
- Riduce il rischio di danni all’opera: non è necessario agire meccanicamente sulla superficie, minimizzando il rischio di graffi o altri danni.
- Permette un dosaggio controllato del solvente: la quantità di solvente utilizzata può essere dosata con precisione, evitando sprechi e danni all’opera.
- Diminuisce i tempi di contatto con i solventi: gli operatori sono esposti a minori quantità di solventi per un tempo più breve, riducendo i rischi per la salute.
- Può essere utilizzato con solventi green: il sistema è compatibile con solventi ecocompatibili, eliminando completamente l’utilizzo di prodotti tossici.

Le ricercatrici stanno perfezionando la tecnologia, testando diverse combinazioni di solventi e tessuti non tessuti per ottimizzare l’efficacia del metodo su differenti tipologie di opere d’arte. Hanno lavorato al progetto per l’Università di Bologna anche Maria Letizia Focarete (Direttrice del Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician”), Rocco Mazzeo, Silvia Prati e Francesca Ramacciotti.