L’Iva scende dal 22% al 5% per il commercio di oggetti d’arte, d’antiquariato e per i beni da collezione, per intenderci anche francobolli, monete, libri antichi, ecc. con l’art. 8 del DL Omnibus approvato venerdì 20 giugno dal Consiglio dei Ministri che nei prossimi giorni diventerà operativo. Si tratta dell’aliquota più bassa in Europa: solo Cipro, Malta e Regno Unito applicano il 5% ma solo sulle importazioni. In attesa che a luglio arrivi l’altra riforma a lungo attesa e già annunciata, che includerà dei punti di innovazione e digitalizzazione, di valorizzazione, e soprattutto di allineamento alla semplificazione dell’esportazione dei beni culturali, ArteMagazine ha chiesto all’onorevole Federico Mollicone, fra gli artefici della novità che interesserà il mondo dell’arte, come si è arrivati a questo risultato indubbiamente fondamentale per dare una scossa al mercato dell’arte che in Italia genera un indotto economico di circa 4 miliardi di euro e impiega 50mila persone
Quali sono state le esigenze, e da chi sono arrivate, che hanno portato al percorso legislativo per la riduzione dell’IVA al 5%?
È stato un percorso lungo iniziato nella scorsa legislatura. Ringrazio le categorie, come il gruppo Apollo, che hanno contribuito in questo senso. All’interno della legge delega al governo del 19 aprile 2023, poi, avevamo introdotto – alla Camera con un emendamento a mia prima firma e del collega Amorese – un riferimento specifico per la rimodulazione dell’Iva per il mercato dell’arte. Eravamo stati i primi in Europa a proporre una politica in questo senso – anche prima della Francia e della Germania, intervenute in reazione a questa nostra iniziativa. Lo abbiamo riproposto poi nel DL Cultura e, insieme al Governo, eravamo riusciti ad approvarlo ancora come un atto di indirizzo.
In che modo la precedente (maggiore) aliquota danneggiava il mercato dell’arte?
Secondo un recente rapporto di Nomisma, il mercato italiano dell’arte subiva la competizione di altre realtà europee, quali Francia e Germania, in cui dal 1 gennaio 2025 è stato introdotto un regime IVA agevolato per il settore – con aliquote fissate rispettivamente al 5,5% e al 7%. Sempre secondo lo stesso studio, con l’aliquota al 22%, il settore avrebbe rischiato di perdere fino al 28% del fatturato, con punte del -50% per le piccole gallerie e potenziali ripercussioni per tutti i professionisti coinvolti: antiquari, galleristi, case d’asta, collezionisti, restauratori, trasportatori specializzati, artigiani, assicuratori e artisti.
In che modo l’applicazione della nuova norma può dare nuovo slancio al mercato dell’arte italiano per diventare più attrattivo per artisti e collezionisti provenienti da tutto il mondo?
Il primo risultato dell’abbassamento dell’Iva sarà un rafforzamento della competitività del mercato italiano, equilibrandolo a quello degli altri attori europei. Ciò comporterà una maggiore attrattività per gli investitori che ancora non lavorano in Italia e una prospettiva migliore per chi già colleziona, compra e vende opere d’arte all’interno dei nostri confini nazionali. Un altro effetto positivo sarà quello di garantire una base più solida, sicura e soprattutto equa per chi si avvicina a questo settore.
Quali difficoltà avete incontrato per arrivare ad un accordo?
Dopo i gravi buchi causati dagli incentivi come il Superbonus degli scorsi anni la cautela delle autorità economiche è massima. L’attesa è stata dettata dagli approfondimenti tecnici che il Mef deve fare su politiche di impatto economico per l’erario come questa.
Secondo lei, quando si potranno vedere i primi benefici di questa nuova norma?
Fin da subito. Attualmente il mercato dell’arte in Italia genera un indotto economico di circa 4 miliardi di euro e impiega 50mila persone. Un intervento come questo, attiverà una serie di condizioni favorevoli per salvaguardare il mercato interno e allo stesso tempo aumentare la competitività del mercato italiano sullo scenario europeo. Un mercato dell’arte italiano più competitivo sarà una bella notizia non solo per gli operatori ma anche per tutta la filiera culturale.
Lei come Presidente della Commissione Cultura alla Camera si è speso molto per portare a compimento un dibattito che, su vari fronti, era attivo in Italia da anni, se non da qualche decennio. Qual è stato, se c’è stato, il punto di svolta?
Il punto di svolta è stata l’elezione di una maggioranza parlamentare e un Governo che, prima con il ministro Sangiuliano e ora con il ministro Giuli, hanno saputo ascoltare le categorie, i piccoli galleristi e tutti i componenti della filiera e porre l’Italia alla guida di una rivoluzione radicale per questo settore in tutta Europa.







