Una trentina di foto in bianco e nero scattate sul set dall’aiuto regista Mario Maffei e recuperate dal figlio Stefano, esposte da 4 novembre alla Libreria Spazio sette a Largo Argentina, raccontano il dietro le quinte del film interpretato da Alberto sordi e Vittorio Gassman che vinse il Festival di Venezia
«Hanno acceso le luci. Ora arrivano le comparse». Anche una fila di lampioni, nella foschia di un inverno viareggino, agli occhi di un anziano offuscati dalla malattia, può far riaffiorare il ricordo di un passato fatto di cinema e di set cinematografici. Così è stato per Mario Maffei, aiuto regista di tanti autori straordinari del cinema italiano (da Monicelli a Rosi) e poi regista egli stesso e autore di teatro, in una passeggiata a Viareggio in compagnia del figlio Stefano, quando già la malattia lo aveva debilitato nel fisico ma, a sprazzi, permetteva a qualche ricordo lontano di emergere malinconicamente. Ed è proprio un tessuto di ricordi e di immagini la piccola preziosa mostra fotografica La grande guerra, che dal 4 al 13 novembre sarà in esposizione alla libreria Spazio 7, alle spalle di Largo Argentina a Roma.

Una piccola preziosa mostra dedicata al dietro le quinte di un film straordinario
Una trentina di foto in bianco e nero, immagini inedite realizzata da Mario Maffei durante le riprese del film “la Grande Guerra”, per il quale stava lavorando come aiuto regista di Mario Monicelli. Fotografie ai sali d’argento che raccontano i protagonisti, alcune scene, con le ricostruzioni delle trincee e dei momenti di tregua dalle battaglie e un affettuoso back stage di un film speciale e unico che quando uscì, nel 1959, diretto da Mario Monicelli, prodotto da Dino De Laurentiis e interpretato da Alberto Sordi e Vittorio Gassman, suscitò non poche polemiche: accusato più o meno platealmente di dissacrare l’epopea di una delle più clamorose disfatte militari che la storia italiana ricordi, quella di Caporetto, che il film appunto racconta. «L’incosciente smantellamento della dignità nazionale ci disgusta e ci fa insieme paura», scrisse Gaetano Baldacci su “Il Giorno”. Ma fu il pubblico a decretarne un immenso successo, già alla proiezione al Festival di Venezia, che vinse ex equo assieme a Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini. Lo ricordò, in seguito, lo stesso Monicelli: «Ci fu a Venezia, alla fine della proiezione, un applauso così lungo che lasciò esterrefatti gli attori, tutti quanti noi. Non pensavamo che il film avesse questo esito. Speravamo che andasse bene, ma che avesse un esito talmente trionfale…».

La Grande Guerra si trasformò così nell’affresco ironico, drammatico e commovente che racconta la vita di trincea durante la Prima Guerra Mondiale e che ancora tutti ammirano come uno dei film più straordinari mai realizzati dal Cinema italiano. Grazie a Sordi e a Gassman, ovviamente, ma anche grazie a Monicelli e al suo gruppo di lavoro di cui Mario Maffei rappresentò un cardine fondamentale. «Se uno ci fa caso – sottolineo Monicelli in un’intervista – in ogni inquadratura della Grande Guerra c’è sempre qualcos’altro che accade dietro la scena principale. Sono “fondi” nei quali succede un’iradiddio, gente che cammina, soldati che sfilano, giovani che passano la visita… tutti manovrati da Maffei. Posso dire che c’era una vera e propria regia solo per i fondi».
Alberto Sordi e Vittorio Gassman, mattatori del film in foto straordinarie
E le foto che Maffei scattò sui set del film e che sono in mostra a Roma, raccontano perfettamente la vita che brulicava in quelle riprese fra i paesaggi brulli e collinari del Friuli-Venezia Giulia e del Lazio, dove il film venne girato. La preparazione meticolosa di ogni scena, i tempi di attesa dei protagonisti e delle comparse, la cura dei dettagli, la scelta dei movimenti, delle espressioni, della posizione dei corpi nella piccola folla di attori che popolava le scene. Un lavoro certosino che Monicelli e Maffei condivisero per i lunghi mesi delle riprese. «Monicelli aveva grande stima di mio padre – racconta il figlio Stefano a cui si deve la memoria di queste immagini e la loro divulgazione. – Nei quarant’anni in cui ha lavorato come sceneggiatore, attore, regista, aiuto regista, ha collaborato con Monicelli in nove film, tra i quali due capolavori del cinema italiano, “I Soliti Ignoti” nel 1958 e, appunto, “La Grande Guerra” nel 1960». Lo sguardo intenso di Alberto Sordi, sorpreso in un momento di riposo durante le riprese, e quello magnetico di Vittorio Gassman, chiamati ad interpretare in nord e il sud dell’Italia che, a causa della guerra, di incontrano, si scontrano e poi imparano a conoscersi e a piacersi, sono fra le foto più belle. Ma spiccano anche quelle dei tanti attori che presero parte a quell’impresa corale: l’attore francese Bernard Blier, l’alpinista italiano Achille Compagnoni, famoso per aver scalato per primo il K2, Nicola Arigliano, che l’Italia conosceva per le sue canzoni, Riccardo Garrone, che girò delle scene che però non sono state montate nel film. Monicelli, ovviamente, seduto a terra con il cappello di paglia in testa, accanto alla enorme cinepresa sostenuta da zeppe di legno per contrastare il pendio del terreno. E lo stesso Mario Maffei, in immagini scattate con la sua stessa macchina fotografica prestata a qualcuno sulla scena.

Con la mostra anche il libro fotografico
Inizialmente Stefano Maffei portò in esposizione una ricca selezione di foto scattate dal padre sulle scene di grandi film italiani al Museo Civico di Farnese, nell’Alto Lazio. Poi, grazie all’intuito e all’aiuto di Lucia Baldini – fotografa che nel 2015 fondò la casa editrice in Alto edizioni come laboratorio di sperimentazione editoriale dove progetti fotografici e concettuali diventano libri d’artista – con un‘ulteriore selezione è nato il libro fotografico La grande guerra che contiene una larga carrellata di immagini inedite realizzata da Mario Maffei durante le riprese del film, affiancata da un testo dello sceneggiatore, regista di cinema e teatro nonché grande amico della famiglia Maffei, Daniele Costantini. Per la mostra le foto sono state digitalizzate partendo dai negativi originali analogici scattati da Mario Maffei sul set del film e le foto stampate su carta fotografica e montate su passpartout.
«Taciturno, severo a casa. Ma divertente quando si lasciava andare. Allo stesso tempo comunicativo e pieno d’amici. Sicuramente una persona molto originale e un po’ fuori dagli schemi». Lo ricorda così il figlio Stefano, mescolando con grande emozione aneddoti di vita privata alla grande storia del Cinema italiano. «Nel ‘59 ci raggiunse a Rimini per una quarantotto ore di “licenza” accordata da Monicelli durante le riprese del film perché, dando indicazioni alla troupe, si era fratturato un braccio. Arrivò con il braccio ingessato al collo per una toccata e fuga solo per riabbracciare la sua famiglia: ai nostri occhi era un eroe».