Alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, fino al 28 aprile 2025, va in scena un’indagine visiva sul furto come forma d’arte. Non si tratta di una mostra tradizionale, ma di un’installazione site-specific dal titolo Art Crimes, firmata da Angelo Accardi, esponente del Pop Surrealismo, a cura di Nino Florenzano.
Il punto di partenza è uno dei massimi capolavori della storia dell’arte occidentale: il cartone preparatorio della Scuola di Atene di Raffaello, conservato proprio all’Ambrosiana. Un’opera-matrice, un codice sorgente dell’immaginario occidentale, che Accardi prende di mira non per distruggerlo, ma per trasformarlo.
Lontano da ogni intento celebrativo, Art Crimes decostruisce uno dei pilastri della tradizione artistica per aprirlo a nuove contaminazioni temporali e culturali. Il cartone preparatorio della Scuola di Atene di Raffaello, conservato alla Biblioteca Ambrosiana, viene assunto da Accardi non come reliquia da conservare, ma come dispositivo da riattivare.

L’artista lo sovverte, lo altera, lo espande, costruendo attorno a esso un pantheon visivo in cui i confini cronologici e stilistici collassano: Platone incontra Duchamp, Aristotele dialoga con Dalì, e Michelangelo, clamorosamente assente nell’opera originale, trova finalmente posto. L’intervento non si limita alla citazione: si tratta di una vera e propria riscrittura, che apre la composizione rinascimentale a nuove presenze – da Bacon a Warhol, da Picasso a Steve Jobs – fino ad accogliere l’elemento più destabilizzante di tutti: l’intelligenza artificiale.
Originalità e appropriazione, tra Rinascimento e postdigitale
Art Crimes è un cortocircuito visivo e concettuale che prende forma attraverso cinque tele di grande formato, video, sculture e oggetti di design realizzati in collaborazione con Luxy e Gabriel Group. Le opere dialogano con l’architettura e la storia dell’Ambrosiana, generando uno slittamento continuo tra epoche, stili e codici.
L’AI nell’arte: presenza inquieta, soggetto instabile
Accardi colloca l’intelligenza artificiale accanto a Socrate. Un’idea provocatoria, quasi ossimorica: la macchina come controparte del filosofo, non tanto per ciò che sa, ma per il modo in cui apprende. Non pensa, non intuisce, non crea: rielabora, replica, rigenera. Eppure è proprio questo processo che la rende oggi interlocutrice inevitabile nel discorso artistico, oggetto e soggetto di riflessione estetica.
Ogni opera è un indizio, ogni artista un sospettato
Il percorso si struttura come un’indagine. A guidare i visitatori sono due figure iconiche del furto impossibile: l’ispettore Clouseau e la Pantera Rosa. Tra ironia e citazionismo, le opere di Accardi si offrono come indizi in una narrazione stratificata, dove il furto non è più gesto criminale, ma strategia culturale. Le gerarchie tra cultura alta e cultura pop collassano, in un gioco serio sullo statuto dell’immagine nell’epoca della riproducibilità algoritmica.
Il gesto artistico come sabotaggio produttivo
“Il bravo artista copia, il grande artista ruba”, sosteneva Picasso. Accardi raccoglie la provocazione e la trasforma in un dispositivo critico, ricostruendo genealogie visive che partono dal Rinascimento e arrivano alla crypto art, passando per il ready-made e il remix postdigitale. Se un tempo si sottraeva al Perugino per affinare la composizione, oggi si attinge alla memoria digitale per generare nuovi immaginari.
Un laboratorio tra arte, design e pensiero
Art Crimes è anche un progetto di contaminazione tra arte e design. I complementi d’arredo e i tessuti, firmati da Luxy, eccellenza italiana dal 1976, e dal danese Gabriel Group, si inseriscono nello spazio come elementi attivi della messa in scena, rafforzando il cortocircuito tra contesto storico e visione contemporanea.

Angelo Accardi: tra Pop Surrealism e iconografie liquide
Classe 1964, Angelo Accardi è tra i principali interpreti del Pop Surrealismo europeo. Dopo aver avviato negli anni ’90 una personale riflessione sulla nuova figurazione, ha sviluppato un immaginario ibrido e riconoscibile. La serie Misplaced, avviata nei primi 2000, introduce la figura dello struzzo come metafora visiva della paura contemporanea, ispirata al pensiero di Zygmunt Bauman.
Nel 2006 espone a Shanghai con il gruppo TantArte, e nel 2011 partecipa alla 54ª Biennale di Venezia su invito di Marco Vallora. Dal 2017 collabora con Eden Gallery, esponendo in sedi internazionali come New York, Miami, Mykonos e Tel Aviv. Nel 2022 lancia il progetto Poetry, con installazioni pubbliche simultanee a Milano, Palermo e Venezia. Nel 2024 partecipa alla 60ª Biennale d’Arte di Venezia, e la sua opera Violet viene scelta per la copertina dell’Atlante dell’Arte Contemporanea (Giunti), edizione curata dal Corporate Patron del Metropolitan Museum of Art di New York.