LONG BEACH – Bill Viola, pioniere della videoarte e dell’arte installativa, è scomparso venerdì 12 luglio nella sua casa di Long Beach, in California, all’età di 73 anni. La causa del decesso si deve a una complicazione del morbo di Alzheimer. A comunicare la notizia, in data odierna, è stata la moglie Kira Perov, sua collaboratrice creativa, sull’account Instagram ufficiale del Bill Viola Studio, di cui è direttrice.
Un artista visionario
«La mia arte non è cinema, non è pittura. È un’espansione dei livelli di realtà».
«No beginning/No end/No direction/No duration – Video as mind»
«Le mie opere servono a trasformare la nostra percezione, per guardare finalmente non davanti, ma dentro di noi».
La scomparsa di Bill Viola rappresenta una grande perdita per il mondo dell’arte. Era, infatti, un artista unico e visionario che ha lasciato un segno indelebile nella storia della videoarte.
Soprannominato il “Caravaggio della videoarte“, Viola ha utilizzato il video come mezzo per esplorare temi universali come la nascita, la morte, la spiritualità e la coscienza umana. Le sue opere, spesso di grande formato e immersive, invitano gli spettatori a rallentare, a riflettere e a connettersi con la propria interiorità.
Bill Viola: influenze e prime opere
Nato a New York nel 1951, Viola si è laureato alla Syracuse University e ha trascorso un periodo in Giappone, dove ha approfondito il suo interesse per le filosofie orientali. All’inizio della sua carriera, sperimenta diverse tecniche video, creando opere che spesso sfidano i confini stessi del medium.
Il fascino per gli effetti speciali e l’interesse per il buddismo zen, il sufismo islamico e il misticismo cristiano hanno plasmato la sua visione artistica, portandolo a esplorare il potere della coscienza umana e la sua illusione di un presente perpetuo.
Tra le sue prime opere troviamo “The Reflecting Pool” (1977-79), un’installazione che riflette sull’impermanenza della vita, e “Room for St. John of the Cross” (1983), un omaggio al mistico spagnolo.
Viola ha affrontato spesso temi esplicitamente cristiani, come nella serie “The Passions” (2000-2001), che esplora la sofferenza e la redenzione. Ha inoltre indagato la natura e la nascita, come nel video “I Do Not Know What It Is I Am Like” (1986), che mostra un pulcino appena nato, e la frenesia della vita urbana, come in “Anthem” (1983).
Nel corso della sua carriera, ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 1995. Le sue opere sono esposte in alcuni dei più importanti musei del mondo e hanno influenzato generazioni di artisti.
Reazioni alla scomparsa
Numerose personalità del mondo dell’arte hanno espresso il loro cordoglio per la scomparsa di Bill Viola. Tra queste, il direttore della Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze, Arturo Galansino, che ha definito Viola “uno dei degli artisti più importanti nel campo della video art”.
“Nel 2017 Palazzo Strozzi ebbe l’onore di ospitare la grande mostra Bill Viola. Rinascimento Elettronico che, attraverso straordinarie esperienze di immersione tra spazio, immagine e suono – si legge in un comunicato dell’istituzione – ha ripercorso la carriera di questo artista, dalle prime sperimentazioni degli anni Settanta fino alle grandi installazioni successive al Duemila esposte in dialogo con l’architettura di Palazzo Strozzi e in un inedito confronto con grandi capolavori del Rinascimento che le avevano ispirate. Con questa mostra si celebrò così la speciale relazione tra Bill Viola e Firenze. È qui infatti che l’artista aveva iniziato la sua carriera quando, tra il 1974 e il 1976, era direttore tecnico di art/tapes/22, pionieristico centro di produzione e documentazione della video art“.