TERNI – Quando si parla di Impressionismo, la storiografia tende a gravitare intorno a un nucleo di nomi francesi canonici e a un’unica data d’origine: Parigi, 1874, prima mostra del gruppo al fotografo Nadar. Ma ciò che avviene negli stessi decenni in Italia – e spesso anche negli stessi luoghi – è rimasto a lungo un discorso collaterale, ai margini del racconto ufficiale. La mostra “Da Degas a Boldini. Uno sguardo sull’Impressionismo tra Francia e Italia”, in programma a Palazzo Montani Leoni di Terni dal 16 aprile al 29 giugno 2025, si inserisce proprio in questa zona d’ombra, provando a rileggerla con una selezione di 45 opere tra dipinti, sculture e documenti provenienti da istituzioni italiane e internazionali.
Curata da Anna Ciccarelli e Pierluigi Carofano, l’esposizione non si limita a tracciare una linea cronologica tra Francia e Italia, ma tenta di mettere a fuoco tensioni e discontinuità tra esperienze artistiche diverse, spesso ridotte dalla critica a fenomeni minori rispetto al modello parigino. A partire da questa prospettiva laterale, l’Impressionismo italiano non appare più come un’imitazione in ritardo, ma come un insieme di traiettorie autonome, segnate da una dialettica non sempre conciliante con le avanguardie francesi.
Una genealogia discontinua
Il percorso espositivo si apre con due figure marginali e fondative: Corot, tra i padri della pittura naturalista francese, e Filippo Palizzi, testimone di un realismo en plein air che non guarda alla luce come dissoluzione ma come presenza. Il salto alla sezione francese è segnato da un disegno di Manet e da uno studio di Monet, che non assolvono il compito di “mostrare i capolavori”, ma introducono una grammatica pittorica fondata sull’instabilità visiva e sulla negazione della composizione tradizionale.
Degas è presente non tanto come l’autore delle ballerine, ma come scultore e incisore. Le opere in mostra, provenienti dalla GNAM, mostrano una pratica più secca, meno accomodante, quasi refrattaria alla dissolvenza ottica cara a Monet. Berthe Morisot, unica donna nel gruppo storico, emerge come figura autonoma: il suo sguardo non si limita al privato domestico, ma interroga la costruzione stessa del vedere.
Gli italiani a Parigi e i Macchiaioli in opposizione
La sezione dedicata agli Italiens, come venivano chiamati a Parigi De Nittis, Zandomeneghi, Boldini e Corcos, compone un quadro non uniforme. Sono artisti che frequentano i Salon e le Expositions Universelles, ma senza aderire completamente all’estetica impressionista. Il caso di Boldini è emblematico: a dispetto delle pennellate rapide, il suo è un virtuosismo da ritrattista mondano più vicino alla tradizione accademica che alla dissoluzione atmosferica.

Il contrappunto arriva con i Macchiaioli, movimento che in Italia anticipa l’Impressionismo ma ne rimane sempre estraneo. L’approccio è più strutturale, quasi analitico: la luce è scomposta in campiture, non in vibrazioni. In mostra, le opere di Fattori, Lega, Signorini e Banti restituiscono un’idea di modernità pittorica fondata sulla costruzione più che sulla percezione. La loro influenza sulla generazione successiva – rappresentata da Francesco e Luigi Gioli – indica una continuità che non passa da Parigi, ma da una rilettura tutta italiana della realtà visiva.
Post-Impressionismo come citazione: Schifano e Festa
La sezione conclusiva, dedicata a Mario Schifano e Tano Festa, introduce un cortocircuito: qui l’Impressionismo è già codice, immagine sedimentata, archivio da manipolare. Non c’è continuità stilistica, ma un gesto di appropriazione critica, quasi ironica. Le loro opere, lette accanto a quelle dell’Ottocento, mettono in questione la stessa nozione di influenza e citazione, aprendo uno spazio di riflessione sul destino postumo delle avanguardie.


Un video delle Teche Rai chiude il percorso, non come documento d’epoca, ma come memoria mediale di un racconto visivo che ha attraversato secoli, generi e linguaggi.
Vademecum
Da Degas a Boldini
Uno sguardo sull’Impressionismo tra Francia e Italia
A cura di Anna Ciccarelli e Pierluigi Carofano
16 aprile – 29 giugno 2025
Fondazione Carit – Cassa di Risparmio di Terni e Narni
Palazzo Montani Leoni, Terni
Corso Tacito, 49
Info: 0744421330
Orari
Da martedì a domenica 10 – 13 / 15,30 – 19,30
Martedì 16 aprile 202