Il coronavirus cambierà il modo di vivere e fruire l’arte? “Cambierà il punto di vista. Non esisteranno più uno spazio fisico e uno spazio virtuale contrapposti ma uno spazio comune dove le nuove tecnologie, non solo le app ma anche la realtà virtuale e quella aumentata, potranno integrare il racconto attraverso la ricomposizione di linguaggi diversi”. Andrea Margaritelli, ultimo imprenditore illuminato di una dinastia che da cinque generazioni ha puntato sul legno e sulla sua duttilità di elemento contemporaneamente fisico e culturale, sul punto più attuale della nostra conversazione non ha dubbi. “l’arte formato web non soppianterà mai l’arte dal vivo, ma la potrà supportare perché sono semplicemente linguaggi diversi che possono compenetrarsi e completarsi a vicenda”.
La prova provata di quanto afferma Margaritelli, torinese di nascita ma umbro d’adozione, ingegnere, 51 anni a maggio, è nell’evoluzione naturale della sua ultima creazione (o meglio della Fondazione Guglielmo Giordano che rappresenta la declinazione culturale dell’azienda di famiglia definita dal brand internazionale Listone Giordano). “A giorni avremmo festeggiato il primo anno della nostra Arena, un’idea che grazie a un’eccellenza della progettazione italiana come Michele De Lucchi, era riuscita ad esaltare la nostra realtà di impresa culturale mettendo al centro di uno spazio fisico la relazione fra le persone. Ma l’emergenza coronavirus ha momentaneamente bloccato gli spazi fisici d’incontro e, quindi, dall’Arena è nata One”.
L’Arena infatti è momentaneamente capitolata a causa del virus. Lo spazio allestito in quello che fu lo storico ristorante milanese La penna d’Oca, dove si produsse pensiero pulsante grazie a presenze come quelle di Marinetti, Balla, Munari, Depero, ha cambiato natura e si è trasformato in One. Dopo l’inaugurazione in occasione della Settimana del Design 2019 e dopo un anno di incontri di grandissima qualità fra architettura, design, musica e arte, l’Arena ha infatti trovato una nuova identità come progetto crossmediale dal baricentro dilatato in quattro dimensioni: architettura, design, natura e cultura. “Quattro parole che raccontano perfettamente la dimensione di impresa culturale della Listone Giordano articolando i messaggi in linguaggi diversi che vanno dal web magazine, ai podcast, ai contributi video e, periodicamente, anche ad una versione cartacea di approfondimento”.
Spostato quindi il dibattito culturale dallo spazio fisico dell’Arena allo spazio virtuale di One, la Fondazione Guglielmo Giordano continua così l’opera di divulgazione che l’ha caratterizzata sin dalla sua nascita nel 2000. Fondata grazie ad un’intuizione del padre di Andrea, Giuseppe, e intitolata a Guglielmo Giordano, una delle massime autorità scientifiche nel mondo del legno, la Fondazione da sempre accompagna il brand Listone Giordano esaltandone la sua vocazione di ricerca culturale. “Il mondo della cultura è un mondo che frequentiamo da sempre – spiega Margaritelli – il filo conduttore della ricerca che abbiamo seguito negli anni è sempre stato il “natural genius”, una parola chiave che rappresenta il legame, il filo rosso che unisce i grandi artisti capaci di aggiungere genialità al potere della natura. Nel percorso d’impresa della nostra azienda, nata nel 1870 per volere del mio bisnonno Eugenio e quindi in procinto di festeggiare i 150 anni di attività, la cultura ha sempre offerto un contributo fondamentale nella sua capacità di fertilizzare la vita della nostra impresa”.
I contributi più facilmente percepibili si ritrovano proprio nei progetti “natural genius” delle pavimentazioni in legno della Listone Giordano. Citandone due ad esempio: il Perigal è un originale pavimento in legno che trae ispirazione dal celebre Teorema di Pitagora e dalla sua geniale rappresentazione geometrica; Slide è un parquet dalle forme basate sulla proporzione che ha incantato l’intera storia dell’architettura, cioè la Sezione Aurea di Leonardo da VInci. “Ma fonti d’ispirazione sono stati anche i tanti personaggi di altissimo spessore culturale incontrati in questi anni, prima fra tutte l’indimenticabile direttrice di Casa Buonarroti Pina Ragionieri con la quale ho avuto la fortuna di condividere amicizia e progetti realizzati insieme all’Associazione MetaMorfosi”. Ma il connubio arte/cultura, secondo Margaritelli, ha fortemente permeato tutto il percorso creativo dell’azienda imprimendogli “la capacità di poggiare il made in Italy su solide radici, con la creazione di prodotti capaci di trasmettere una linfa non geografica ma culturale, il nostro vero patrimonio. Attraverso le attività della Fondazione abbiamo avuto la fortuna di esporci a radiazioni solari ricche di positività, trasformando il concetto di cosiddetto mecenatismo in un motore propulsore che può alimentare fortemente la parola identità”.
Due le esperienze fondamentali nel percorso di crescita della Fondazione e dei suoi interessi nell’ampia esplorazione del panorama culturale. “La prima è la grande stagione del Rinascimento italiano che ci ha visto partner dell’Associazione MetaMorfosi in progetti di esposizioni importanti intorno alle figure fondamentali di Leonardo da Vinci, Michelangelo e Raffaello. La seconda esperienza è invece certamente la scoperta a Milano, nel 2004, della porzione dell’affresco vaticano del Pinturicchio raffigurante il Bambin Gesù delle mani, una singolare opera d’arte capace di raccontare e affascinare come un romanzo, che abbiamo voluto acquistare per farne oggetto di studio e conservazione e che è poi diventata protagonista di diverse mostre, come quella a Roma ai Musei Capitolini”.
Malgrado l’attenzione anche ai percorsi dell’arte contemporanea, legata soprattutto ad una delle aree di interesse della Fondazione incentrata sul legno come supporto alla creatività artistica, i “sogni nel cassetto” di Margaritelli sono ancora legati al mondo classico. “Il primo è riportare la Deposizione Baglioni di Raffaello in mostra a Perugia, nella chiesa di san Francesco al Prato per la quale era stata realizzata. Non spero certo in un ritorno definitivo ma mi piacerebbe riportare anche soltanto per un’esposizione temporanea l’opera che Raffaello realizzò per la nobile famiglia perugina e che, dopo il 1608, fu segretamente portata a Roma con la compiacenza dei frati, su richiesta di Paolo V, il quale ne fece dono al nipote, il cardinale Scipione Borghese che, da allora, la acquisì per la collezione della Galleria romana”. Un’opera con una storia potente e affascinante, un po’ come quella del Bambin Gesù delle mani di Pinturicchio.
Un altro ritorno, seppur temporaneo, in patria è l’altro sogno proibito di Margaritelli. “Quello della Madonna del libro di Raffaello. Un muniscono capolavoro e ancora una storia storia straordinaria che parte dall’Umbria e da una famiglia perugina. In questo caso l’opera finì addirittura a San Pietroburgo, come omaggio alla zarina di Russia e da lì, nelle sale dell’Ermitage. Vorrei che tornasse in visione ai perugini e agli italiani”. Un’altra storia importante dell’arte e della cultura italiana, di quelle che piacciono a Margaritelli.
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