PRESS RELEASE Fabio Paleari ha festeggiato i suoi 18 anni nel 1981. La madre ha pagato un cocktail per un centinaio di amici, quasi tutti figli di quella borghesia industriale che ha fatto grande e grigia Milano. Ha scelto il Principe di Savoia, un albergo dal lusso discreto che si staglia su una delle piazze più grandi della città, piazza della Repubblica, a due passi dalla Stazione Centrale.
GIANLUCA MARZIANI Fabio Paleari (Milano, 1963) atterra da CLUSTER APARTAMENTO con la mostra The Winter Lovers of Savoia (dal 25 febbraio al 23 aprile). Il nostro “principe” della notte elabora mondi fotografici con l’attitudine radicale degli sguardi sul bordo, lungo il limine elettrico che separa la luce calda delle insegne dal sole nero del darkside mondano. Nomade per virtù spontanea, addomesticatore visivo di un’umanità straordinaria e preziosa, Paleari si è dedicato alla figura titanica di Allen Ginsberg, ad una famiglia di mitici tatuatori svizzeri con il libro “The Leu Family” (Trolleybook Publishing), fino al recente “I Won’t Give Up” (Damiani) in cui segue le fibrillazioni rock di Pete Doherty e Kate Moss, l’ultima vera coppia post-punk da party a resistenza titanica. Tre conduzioni narrative che certificano la carica antagonista del nostro autore, sorta di Weegee elettronico tra suite a cinque stelle e stelle umane in Valentino Couture, occhio permeabile da Raymond Chandler del noir fotografico, scrittore visivo pieno di tracce spericolate, sessualità catartiche, cuori aritmici da eccessi e successi.
PR Tutti a Milano lo chiamano il Principe. Non Fabio, l’albergo. Un vezzo che si riserva a quei luoghi in città che sono più resistenti delle stagioni che hanno segnato il dopoguerra. Chi ha avuto il piacere di frequentarlo, ha sperimentato il fascino conturbante di un edificio di dieci piani, pieno di fantasmi del Novecento. Lontano dal centro storico, è sempre riuscito a non essere sfacciatamente turistico, ma un porto franco dove un ceto abbiente e sofisticato della città si è incontrato con il mondo.

GM La mitologia degli alberghi come mondi duty free life avvolge di fumi e profumi le esistenze di una certa società al di sopra dei piccoli eventi, un gradino sopra le trame da bar e cronaca bianca, una società esclusiva nel rosa selettivo della virtù mondana, ad un passo spontaneo dai frangenti pericolosi di una cronaca in nero. Ci sono alberghi che non sono soltanto stanze in serie ma epicentri di enclave dai contenuti umani ammalianti, luoghi di potere emotivo e sensoriale, alveari lussuosi in cui il miele notturno si addensa sui corpi sudati, sulle nature morte dei tavolini in disordine pittorico, sulla moquette che registra impronte di tacchi e tic, sui letti che somigliano a camerini esplosi di un Bergdorf & Goodman misura king size.
PR Poco dopo il compleanno Fabio è partito. Ha venduto una Mercedes con le pinne che il padre gli aveva regalato per i suoi 18 anni, ed è finito a studiare fotografia a Los Angeles. Ci è rimasto molti anni, quando la metropoli era un posto dove gli italiani ci andavano per nascondersi. Dietro le quinte degli studios si consolidava una città sfinita. Fabio amava l’odore dell’asfalto. Fabio scattava in bianco e nero. Il suo malessere si specchiava nel malessere di una città sterminata, malata e dannatamente perversa nel lasciare le persone sole di fronte al proprio destino.
GM Il Principe di Savoia ha l’aspetto fortificato dei Grand Hotel d’inizio Novecento, quando il lusso apparteneva ad un minuscolo gruppo di avventurieri della modernità. Ancora oggi mantiene l’aria elegante delle isole architettoniche, tipica dei luoghi da sguardi vintage alla Wes Anderson, posti sospesi nello spazio scenico del loro sfarzo teatrale, palcoscenici che inglobano cinema e letteratura per farne esperienza dei sensi sincronici.
PR Milano è il contrario della città degli Angeli. Raccolta in un fazzoletto di terra, è rimasta nascosta per tutto il ventesimo secolo da una coltre di polveri sottili e nebbia. Ferita dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, ha trovato in una solidarietà silenziosa la cifra intorno a cui ha costruito un successo raramente celebrato. E’ stata considerata una città brutta, industriale, forse perché in pochi si sono presi il tempo di esplorarla veramente, accarezzando i suoi muri spigolosi. Ogni cosa è rifinita, studiata, come solo in una città con ventisei secoli di storia e una continua voglia di reinventarsi.

GM Dentro il tipico Grand Hotel si decide il destino dei desideri individuali, si alimenta il fascino clandestino dei segreti che certe suite custodiscono come ideali algoritmi nella caverna di Platone. Le stanze, i saloni, i foyer, il personale, i ristoranti e il bar, ogni zona da cinque stelle in su profuma di privacy da confessore in chiesa, ogni evento si cristallizza dietro le porte che mangiano tessere per celare vite promiscue, mercenarie, alcoliche, sballate, strafatte ma anche per nascondere il puro sonno di giusti e ingiusti, creando la preziosità alchemica della discrezione biblica.
PR Fabio torna Milano nella metà del primo decennio del 2000 dopo aver vissuto a lungo a Madrid e a Londra. Torna con lo stesso malessere con cui era partito. Trova una città dove l’industria della pubblicità e dell’editoria è al collasso. La fotografia è diventata una commodity, con pochissimi lavori. Malpagati. Lui però soggiorna a proprio agio nella zona d’ombra. Osserva le giunture di una città che si sta trasformando. La città sta crescendo verso l’alto e i palazzi si mangiano gli avanzi delle sottoculture. Nel suo lavoro si intravedono pezzi di società che si sfilacciano, nature morte che implodono, corpi che scopano.
GM Milano è una città di angoli retti e scale cromatiche minimali. Vive di architetture che diventano soggetti rizomatici di una geografia professionale delineata. La sua anima è doppia: diurna e molto manageriale, finanziaria e culturale fino ai minuti finali degli aperitivi; al calare del buio si trasforma in uno strano animale caldo dal passo molle, una città che chiude le porte e tira le tende della privacy, sfidando il buio con il neon, aprendo varchi climatizzati al ciclo esclusivo dei riti mondani.
PR Nelle città balugina anche la moda. Milano vende moda. Per una manciata di settimane ogni anno il mondo guarda il Made in Italy che si srotola sulle passerelle della città. C’è gente che viene a sfilare, acconciare, comprare, guardare, scrivere, scopare. Affollano i tram, i taxi. Milano diventa il centro del mondo, del loro mondo. del nostro mondo. Riti stanchi segnano giornate piene di euforia in una città nascosta ai più. Si aprono cortili, palazzi, spazi. Ma poi tutti si ritrovano alla reception di un albergo con in mano una chiave.
PR Fabio ritrova gli amici di una vita al Principe. La moda si compra tutto, e tutti. Arrivano artisti e musicisti. Prendono sempre la stessa stanza. Consumano pochi giorni frenetici tra appuntamenti, feste, sfilate. I muri si impregnano di fumo e sospiri. Passano gli amici e le puttane. Arrivano drink a profusione. Fabio non esce dalla stanza. Non c’entra un cazzo con la moda. Brick Lane. Malasana. Green Point. I fili di una vita si annodano alle lenzuola. La sua città si chiude in una stanza.
GM Le camere di Fabio Paleari ci rivelano la ferocia dolce dello sballo, l’erotismo dei corpi giovani che emanano la setosità ferina delle anime inquiete. L’arredamento sembra fondersi coi glitch umani, i suoni sembrano emergere dal muro bidimensionale, bottiglie e bicchieri diventano feticci di una scena che rinnova il rito degli insonni, abiti e tacchi pulsano come esiti di una sceneggiatura che è trascritta nella natura ciclica degli eventi umani.
PR Se passi a Milano, puoi soggiornare al Principe. Chiedi di soggiornare nella stanza 505. Una carezza. Un Gimlet. Un bacio. Uno schiaffo. Una sigaretta. Non ha senso disturbare i ricordi. Ci rimangono le immagini stampate, tanto saremo sempre inseguiti dai nostri fantasmi.
GM Qui al Principe sono accadute cose. Molte cose che l’occhio pubblico non dovrebbe varcare, cose che fanno parte della privacy dietro la porta chiusa con il Do Not Disturb acceso. Eppure qualche piccola crepa ha preso forma attraverso l’occhio permeabile e garante di Paleari. Dalle fessure sono scivolate fuori immagini che narrano il tenore energetico e trasgressivo di alcuni paladini del ciclo notturno. Immagini che sono segreti momentaneamente rivelati, a giusta distanza di tempo ma a breve distanza di sguardo erotico. Sono davanti ai nostri occhi. Siamo dentro la stanza 505. La porta si è richiusa. Ma tra poco tutto questo svanirà di nuovo, come lacrime alcoliche sotto la luna…