REGGIO EMILIA – “Avere vent’anni” è il tema della ventesima edizione di Fotografia Europea 2025, in programma dal 24 aprile all’8 giugno 2025 a Reggio Emilia. Una riflessione che si snoda tra desideri, incertezze e tensioni di una generazione cresciuta in un’epoca di crisi e trasformazioni radicali.
L’età dei vent’anni è da sempre un simbolo di possibilità, di slanci e di scoperte, ma anche di conflitti interiori e sfide esistenziali. Il festival di quest’anno cerca di catturare questa complessità attraverso una selezione di progetti curati da Tim Clark, Walter Guadagnini e Luce Lebart, che restituiscono uno sguardo sfaccettato sulla condizione giovanile nel panorama globale. Dai dilemmi identitari alle lotte sociali, dall’iperconnessione digitale alla ricerca di autonomia, le immagini esposte tracciano un ritratto dinamico e controverso della Generazione Z.

“Per la 20a edizione del festival – hanno spiegato Tim Clark, Walter Guadagnini, e Luce Lebart – abbiamo selezionato un gruppo di fotografi le cui opere testimoniano quel sentire mutevole e misterioso dell’essere giovani che vivono nelle società del mondo contemporaneo. Tra ritratti sinceri, momenti di tenerezza e dinamiche rappresentazioni di attivismo, ci offrono scorci di ragazze e ragazzi che attraversano mondi, sfidano lo status quo e fanno sentire la propria voce in un’epoca di grandi trasformazioni globali. In una danza tra collettivo e personale, tra storia ed esperienza individuale, vogliamo celebrare questa fase della vita così complessa e fondamentale“.
“I tempi che viviamo – ha affermato Maurizio Corradini, Presidente Fondazione Palazzo Magnani – sono veloci, mutevoli e tutto ci sembra sfuggire via senza una continuità significativa. Aver costruito un momento di così alta riflessione grazie al medium della fotografia, nell’arco di venti anni, rappresenta un patrimonio significativo che, come un lascito importante, abbiamo il dovere di consegnare alle giovani generazioni senza disperderlo. E proprio a loro, in particolare, è giustamente dedicata questa edizione, con l’auspicio di poter fare un passaggio di testimone mantenendo lo sguardo rivolto al futuro“.
Le mostre ai Chiostri di San Pietro
Al centro del festival rimane il complesso monumentale dei Chiostri di San Pietro, che ospita dieci mostre di rilievo internazionale. Tra queste, spicca la retrospettiva su Daido Moriyama, curata da Thyago Nogueira, che ripercorre sessant’anni di esplorazione visiva della società giapponese postbellica. Moriyama, icona della street photography, ha documentato il divario tra tradizione e modernità con un linguaggio visivo ruvido e incisivo, che qui viene raccontato attraverso fotografie, libri d’artista e installazioni multimediali.
Un altro progetto di forte impatto è Slowly and Then All at Once di Andy Sewell, che affronta il tema del dissenso e della protesta. Attraverso un linguaggio visivo denso e stratificato, l’artista esplora la tensione tra potere e resistenza, ponendo interrogativi sulle possibilità di cambiamento in un’epoca segnata da crisi ambientali e disuguaglianze sociali.
Dalle contestazioni collettive al mondo interiore degli adolescenti, Claudio Majorana presenta Mal de Mer, un’indagine poetica sull’adolescenza tra paure e scoperta di sé, ambientata in paesaggi sospesi tra realtà e immaginario. Sullo sfondo di foreste e periferie lituane, i giovani protagonisti del progetto vivono il delicato passaggio all’età adulta, in un racconto intimo e universale.
Al centro dell’attualità politica e sociale, Ghazal Golshiri e Marie Sumalla documentano la rivolta iraniana seguita alla morte di Mahsa Amini con la mostra You Don’t Die, una testimonianza visiva delle mobilitazioni e della violenza repressiva che ha sconvolto l’Iran a partire dal 2022. Il progetto riporta al centro della scena il ruolo della fotografia come strumento di memoria e denuncia.
La fotografia come spazio di libertà e resistenza
Tra i percorsi espositivi emergono anche riflessioni sulla libertà individuale e collettiva. Vinca Petersen, con Raves and Riots, ricostruisce la cultura giovanile underground attraverso gli scatti di raduni e manifestazioni in giro per l’Europa. La sua ricerca esplora quel breve, effimero momento di libertà che si sperimenta nei rave e nelle proteste, una “gioia sovversiva” che si manifesta nei corpi in movimento e nei volti illuminati dalle luci stroboscopiche.
Uno sguardo documentaristico caratterizza invece We Are Carver di Jessica Ingram, che segue gli studenti di un’accademia militare americana nel delicato passaggio dall’adolescenza alla vita adulta. Il rigore dell’addestramento militare si scontra con le speranze e i dubbi di una generazione che cerca di ridefinire il proprio futuro in un contesto di regole rigide e aspettative imponenti.
Palazzo da Mosto e le nuove voci della fotografia
Parallelamente alle mostre ai Chiostri, Palazzo da Mosto ospita una serie di progetti inediti, tra cui la commissione speciale del festival affidata a Federica Sasso. Intangibili racconta la realtà dei giovani caregiver nel territorio di Reggio Emilia, ragazzi e ragazze tra i 18 e i 30 anni che dedicano parte della loro vita alla cura di familiari, spesso sacrificando esperienze tipiche della loro età. Una riflessione sulla responsabilità e sull’invisibilità di un ruolo che raramente trova spazio nella narrazione pubblica.
Accanto a questo, torna la selezione della Open Call di Fotografia Europea, che ha visto la partecipazione di oltre 200 progetti. Tra i vincitori, Michele Borzoni e Rocco Rorandelli presentano Silent Spring, un’indagine sull’attivismo ambientale in Europa e sul conflitto crescente tra le nuove generazioni e i governi occidentali. Il loro lavoro evidenzia la fotografia come strumento di protesta e di rivendicazione politica.
Oltre il festival: circuiti off e nuovi linguaggi
A completare il programma, numerose iniziative parallele diffondono la fotografia in tutta la città. La Collezione Maramotti ospita la personale di Viviane Sassen, This Body Made of Stardust, un’immersione visionaria nel memento mori e nella fragilità dell’esistenza. Palazzo dei Musei celebra invece Luigi Ghirri con la mostra Luigi Ghirri. Lezioni di fotografia (titolo provvisorio), a cura di Ilaria Campioli, dedicata alle sue lezioni di fotografia tenute all’Università del Progetto di Reggio Emilia fra il 1989 e il 1990. Lezioni che, più che un semplice approfondimento tecnico sul medium, diventano un’opportunità per ripercorrere il proprio percorso artistico, affrontando temi centrali della sua ricerca, inserendo la fotografia in un contesto più ampio, quello della storia delle immagini e del loro significato culturale.
Infine, torna il Circuito Off, il festival diffuso che coinvolge gallerie, spazi indipendenti e luoghi informali, trasformando la città in una grande piattaforma espositiva aperta a tutti.