MILANO – C’è una forza che attraversa il corpo femminile, lo modella e lo ridefinisce. Una forza che non accetta vincoli, che sfida convenzioni e riscrive narrazioni imposte. È questa l’energia che pervade Essere Donna. Il corpo come strumento di creazione e atto di ribellione, la mostra ospitata dalla Galleria Fumagalli dal 5 marzo al 30 maggio 2025.
Curata da Maria Vittoria Baravelli e Annamaria Maggi, l’esposizione prende spunto dalle parole di Oriana Fallaci in Lettera a un bambino mai nato (Rizzoli, Milano 1975), facendo del corpo il punto di partenza per un racconto che intreccia arte, identità e autodeterminazione. Le opere di Marina Abramović, Sang A Han, Annette Messager, Shirin Neshat, Gina Pane compongono una mappa di esperienze e resistenze, in cui il corpo non è mai un semplice involucro, ma un linguaggio, un confine da superare, un’arma di consapevolezza.
Il corpo femminile: da oggetto a soggetto
Per secoli il corpo delle donne è stato un territorio da regolamentare, uno spazio sottoposto a codici e imposizioni. L’arte ha spesso contribuito a consolidare queste narrazioni, relegando la figura femminile a simbolo di bellezza, maternità o peccato. Le artiste in mostra hanno sovvertito questo paradigma: non più muse, ma creatrici; non più oggetti dello sguardo altrui, ma soggetti in grado di riscrivere la propria immagine.
Attraverso gesti estremi, segni incisi nella pelle, immagini di forza e vulnerabilità, hanno trasformato il proprio corpo in un manifesto, uno strumento di sfida e di affermazione. Perché, come scriveva Fallaci, «il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse la mela, ma quando nacque la virtù chiamata disubbidienza».
Corpo e dolore: Abramović e Pane
Nel percorso espositivo, alcune opere mettono a nudo il rapporto tra corpo e sofferenza, tra carne e resistenza. Marina Abramović, con la sua celebre performance Thomas Lips (1975-2002), porta la fisicità all’estremo: un pentacolo inciso sul ventre, il sangue come testimonianza di un atto rituale e provocatorio, il pubblico chiamato a decidere quando interrompere l’azione performativa.
Su questa stessa linea si muove Gina Pane, il cui lavoro Cicatrice de l’action (1974-1975) indaga il dolore come processo di trasformazione. Le ferite diventano tracce, segni di un linguaggio che supera la superficie per scavare nel profondo, tra introspezione e spiritualità.

Identità e metamorfosi: Messager, Neshat, Han
L’identità femminile è sempre stata una costruzione sociale, un insieme di ruoli e aspettative. Annette Messager in Mes Voeux (1997) smonta questa visione frammentando il corpo in un mosaico di immagini: fotografie di mani, occhi, volti che si sovrappongono, creando una molteplicità di identità che sfugge a ogni definizione univoca.
Per Shirin Neshat, invece, il corpo è il luogo di una tensione tra oppressione e ribellione. Nella serie Women of Allah, il volto velato si sovrappone alla scrittura e alla presenza minacciosa delle armi, in una riflessione sulla condizione femminile in Iran e sul peso dei codici culturali.
Diverso il linguaggio di Sang A Han, che esplora il corpo come spazio di creazione e memoria. Dipingendo e cucendo figure femminili, l’artista coreana restituisce immagini in cui sensualità e fragilità si fondono, celebrando la potenza generativa della maternità e della femminilità.
Un corpo che non si lascia definire
Le opere in mostra non offrono risposte, ma pongono interrogativi. Cosa significa davvero essere donna? È una questione biologica o culturale? È un ruolo imposto o una scelta consapevole? Come scriveva Lea Vergine, «il corpo è il luogo in cui si sperimenta tutto». Essere Donna non è un titolo, ma una dichiarazione d’intenti: un’esplorazione delle possibilità che il corpo può incarnare, al di là di ogni imposizione.
GALLERIA FUMAGALLI
Via Bonaventura Cavalieri 6, Milano
Essere Donna. Il corpo come strumento di creazione e atto di ribellione
5 marzo al 30 maggio 2025
Dal lunedì al venerdì dalle 13 alle 19
Info
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