A Firenze, un chiostro del Rinascimento accoglie di nuovo piante e alberi. Un progetto museale che guarda all’ecologia come parte integrante della pratica artistica
FIRENZE – Il Museo Novecento di Firenze inaugura il Giardino delle Leopoldine, un intervento che trasforma il chiostro dell’ex convento in uno spazio vegetale pensato per la riflessione, l’incontro e la sensibilizzazione ambientale. Il progetto, che verrà aperto al pubblico il 24 giugno 2025, nasce dalla collaborazione tra il museo, l’artista e attivista ambientale Haley Mellin, e l’organizzazione Re:wild, attiva a livello globale nella tutela della biodiversità.
Il giardino è frutto di un lavoro condiviso tra la direzione artistica di Sergio Risaliti, la curatela di Stefania Rispoli, la progettazione paesaggistica di Matilde d’Oriano e la visione ecologista di Mellin, che inaugurerà in estate anche una mostra personale negli spazi del museo. L’intervento si inserisce in una più ampia riflessione sul ruolo delle istituzioni culturali nella crisi climatica, ponendo la natura non come cornice, ma come soggetto attivo.

Un progetto di ri-naturalizzazione nel centro storico
Il Giardino delle Leopoldine si inserisce nel Piano del Verde del Comune di Firenze, che punta a rendere la città più resiliente e sostenibile anche attraverso operazioni di reinserimento vegetale nel tessuto urbano. Come hanno dichiarato la vicesindaca Paola Galgani e l’assessore alla cultura Giovanni Bettarini, il progetto mette in dialogo dimensione ambientale e arte contemporanea, trasformando un cortile museale in una vera e propria zona verde fruibile da tutti.
L’intervento prevede la presenza di circa venti specie diverse tra alberi e arbusti, selezionati per le loro caratteristiche autoctone, i legami con il paesaggio toscano e le implicazioni culturali. Ogni pianta diventa così elemento di un racconto più ampio che intreccia storia naturale, memoria e trasformazione.

Pensare con il giardino
Al centro del progetto c’è la volontà di restituire al chiostro la sua funzione originaria, ma anche di farne un dispositivo attivo di consapevolezza ecologica. “Avere cura di un giardino significa avere cura di noi, dei nostri corpi e delle nostre menti”, ha sottolineato Sergio Risaliti, spiegando come il giardino sia pensato come luogo di riposo e contemplazione, ma anche come risposta concreta alla crisi climatica e alle emissioni connesse alle attività museali.
A sostenere questa visione è anche Re:wild, l’organizzazione co-fondata da Leonardo DiCaprio e dal biologo Wes Sechrest, che ha definito l’iniziativa “rivoluzionaria” nel ripensare il museo come ambiente da “rinselvatichire” (“rewild the museum”). L’intervento, infatti, non è solo botanico, ma anche simbolico: introduce nel linguaggio museale strumenti e gesti legati alla rigenerazione ambientale.

Memoria e natura: le Scuole Leopoldine
Il nome del progetto, Giardino delle Leopoldine, evoca la lunga storia dell’edificio che lo ospita. Tra il 1780 e il 1974, il complesso accolse le Scuole Leopoldine, istituzione fondata dal Granduca Pietro Leopoldo I per l’educazione delle giovani donne in condizioni di povertà. Richiamare quella memoria significa oggi recuperare il valore pedagogico del luogo, trasformandolo in spazio di cura e conoscenza accessibile, pensato per ospitare letture, conversazioni e nuove forme di apprendimento non formale.
Nel disegno complessivo, ogni elemento del giardino risponde a un principio di sostenibilità a lungo termine, integrandosi con le caratteristiche ambientali e architettoniche del sito. Il chiostro non viene semplicemente “abbellito”, ma riattivato come spazio vivo, capace di affrontare i temi del presente senza rinunciare alla stratificazione storica.