VENEZIA – Due figure che, in modi profondamente diversi, hanno trasformato la nostra visione del mondo — e dell’architettura stessa — vengono premiati con i Leoni d’Oro alla 19esima Biennale di Architettura di Venezia.
Il Leone d’Oro alla Carriera è stato assegnato alla filosofa statunitense Donna Haraway, mentre Italo Rota riceverà il Leone d’Oro Speciale alla Memoria, a un anno dalla sua scomparsa. L’annuncio è stato ufficializzato dal Cda della Biennale, presieduto da Pietrangelo Buttafuoco, su proposta del curatore Carlo Ratti, in vista dell’apertura della mostra, intitolata “Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva”, prevista per il 10 maggio.
Donna Haraway, pensare l’architettura oltre l’umano

Filosofa tra le più influenti del nostro tempo, Donna Haraway ha ridefinito i confini del pensiero critico contemporaneo, agendo su intersezioni inedite tra scienze sociali, antropologia, tecnologia e critica femminista. Nella motivazione del premio, Ratti sottolinea come il suo pensiero offra “una letteratura visionaria” capace di orientare il progetto architettonico in un’epoca segnata da convergenze e fratture tra intelligenze naturali, artificiali e collettive.
Haraway è celebre per aver coniato il termine “Chthulucene”, un’alternativa al più noto “Antropocene”, per suggerire una lettura simbiotica dell’esistenza terrestre, centrata sull’urgenza della coabitazione tra specie e forme di vita. Le sue riflessioni non sono mai esercizi teorici isolati: sono narrazioni che fondano nuovi immaginari, mondi abitabili in cui il pensiero si fa gesto progettuale.
Nel contesto di una Biennale che interroga il futuro dell’intelligenza e del costruire, Haraway appare come una guida necessaria: il suo approccio, radicale ma sempre costruttivo, aiuta a pensare l’architettura come forma di alleanza tra vivente, tecnica e ambiente, proponendo scenari di resistenza e possibilità.
Italo Rota, il progetto come metamorfosi poetica del mondo

A Italo Rota, architetto e designer tra i più originali del panorama europeo, è stato conferito il Leone d’Oro Speciale alla Memoria. Una figura eclettica, coltissima, inclassificabile, Rota ha attraversato oltre mezzo secolo di cultura progettuale con una visione che ha saputo fondere poesia e analisi, tecnologia e natura, storia e utopia.
Allievo di Franco Albini, Vittorio Gregotti e Gae Aulenti, Rota ha costruito un linguaggio personale, fondato sull’ibridazione e sul dialogo costante tra discipline. I suoi interventi, dal restauro del Musée d’Orsay al Museo del Novecento di Milano, testimoniano una concezione dell’architettura come esperienza estetica e dispositivo culturale, capace di incidere sulle percezioni collettive e sui paesaggi del quotidiano.
Il titolo della sua ultima monografia, Solo diventare natura ci salverà (Scheiwiller, 2023), sintetizza con lucidità il cuore della sua poetica. Il riconoscimento sarà ritirato da Margherita Palli, scenografa e costumista, coinvolta nella Biennale con il progetto Material Bank: Matters Make Sense, realizzato insieme a Stefano Capolongo, Ingrid Maria Paoletti e Konstantin Novosëlov.