MANTOVA – Un gesto clamoroso, un simbolo culturale coinvolto, e un’ondata di polemiche. Palazzo Te a Mantova, sede di una delle mostre più significative dell’anno, è stato teatro di un’azione di protesta da parte di un gruppo di attivisti del movimento “Ribellione Animale“. La vicenda, risalente ai giorni scorsi e accaduta poco prima della chiusura dell’esposizione dedicata a Picasso, ha visto cinque giovani imbrattare con letame la teca protettiva del celebre dipinto Femme couchée lisant (Donna sdraiata che legge).
La protesta: attacco al legame tra cultura e industria zootecnica
Gli attivisti, entrati regolarmente come visitatori, hanno inscenato il blitz per denunciare la presenza dell’azienda zootecnica Levoni tra i membri della Fondazione Palazzo Te. “Levoni rappresenta un’industria che sfrutta e opprime gli animali. Non può essere considerata un partner etico per eventi culturali“, ha dichiarato Eleonora, una delle partecipanti, aggiungendo che l’azione si inserisce in una campagna di protesta più ampia contro il greenwashing e il socialwashing nel settore della zootecnia.
L’episodio, documentato e condiviso sui social dagli stessi protagonisti, ha causato la temporanea chiusura della mostra per circa un’ora e mezza. Grazie alla protezione della teca, il dipinto non ha subito danni, ma il gesto ha provocato un acceso dibattito pubblico.
Reazioni istituzionali: richieste di danni e provvedimenti legali
Stefano Baia Curioni, direttore della Fondazione Palazzo Te, ha condannato fermamente l’azione: “Grazie al pronto intervento del personale e delle forze dell’ordine non ci sono stati danni alle opere, ma ci riserviamo di chiedere i danni materiali e morali agli autori di questo gesto profondamente sbagliato. I fini non giustificano i mezzi.”
Il sindaco di Mantova, Mattia Palazzi, è intervenuto chiedendo il Daspo urbano per i cinque attivisti e ha sottolineato: “Un gesto ignorante contro un bene comune come l’arte non rafforza le ragioni della protesta, ma ne affossa il messaggio.”
L’incidente apre una riflessione più ampia sul rapporto tra sponsor privati e istituzioni culturali. Se da un lato il coinvolgimento di aziende come Levoni può sollevare interrogativi etici, dall’altro azioni come questa rischiano di danneggiare il dibattito pubblico, spostando l’attenzione dal tema della sostenibilità all’atto vandalico stesso.
Mentre le autorità valutano i danni e i provvedimenti da adottare, il gesto alimenta un confronto su come bilanciare la libertà di espressione e il rispetto per il patrimonio artistico.