NAPOLI – Pompei continua a rivelare i suoi segreti, talvolta anche inquietanti. Dagli scavi in corso nella Regio IX, insula 10, gli archeologi hanno, infatti, portato alla luce un luogo davvero unico: un panificio-prigione. Questo ambiente angusto, con piccole finestre con grate in ferro per il passaggio della luce, svela una storia di schiavitù e sfruttamento, dove uomini, donne e asini erano imprigionati per macinare il grano destinato alla produzione del pane.
Una struttura intricata
Il panificio-prigione era una struttura intricata e claustrofobica, con intagli sul pavimento pensati per coordinare il movimento degli asini, obbligati a girare per ore con occhi bendati. Questo luogo, senza alcuna comunicazione con l’esterno, si presenta come uno spazio in cui la libertà di movimento era rigidamente limitata, sottolineando il lato più sconvolgente della schiavitù.
Un racconto di sofferenza
Le recenti scoperte nella Regio IX non solo confermano il quadro raccapricciante descritto dallo scrittore Apuleio, vissuto nel II secolo d.C. nelle Metamorfosi IX 11-13, ma forniscono anche dettagli pratici sul funzionamento di questi antichi mulini-panifici.
Nell’ambiente centrale, accanto alla stalla, le macine erano collocate strategicamente, circondate da incavi semicircolari nel basalto vulcanico. Questi intagli, resistendo all’usura degli infiniti giri degli animali da tiro, formavano un intricato meccanismo di orologeria, un “solco circolare” che sincronizzava il movimento delle quattro macine concentrate in questa zona.
«Si tratta, in altre parole, di uno spazio in cui dobbiamo immaginare la presenza di persone di status servile di cui il proprietario sentiva il bisogno di limitare la libertà di movimento – fa notare il Direttore Gabriel Zuchtriegel, in un articolo scientifico a più mani pubblicato oggi sull‘E-Journal degli scavi di Pompei – È il lato più sconvolgente della schiavitù antica, quello privo di rapporti di fiducia e promesse di manomissione, dove ci si riduceva alla bruta violenza, impressione che è pienamente confermata dalla chiusura delle poche finestre con grate di ferro».
L’inferno quotidiano degli schiavi
Le testimonianze di tre vittime precedentemente scoperte in questo panificio-prigione suggeriscono un quadro di sofferenza quotidiana. Uomini e donne ridotti in schiavitù erano costretti a lavorare insieme agli asini, spingendo le macine e monitorando il processo di macinatura.
La mostra imminente, L’altra Pompei: vite comuni all’ombra del Vesuvio, che inaugurerà il prossimo 15 dicembre cercherà di gettare luce su questi individui spesso dimenticati dalle cronache storiche, come gli schiavi, la cui dura vita quotidiana contribuiva in modo significativo all’economia e alla cultura della civiltà romana.
«Il Parco di Pompei continua a rivelare nuovi tesori che si aggiungono al patrimonio già ricchissimo della nostra Nazione. Queste nuove scoperte, frutto di scavi e di una ricerca scientifica continua e puntuale, confermano l’unicità di un luogo che tutto il mondo ci invidia». Afferma il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. «A ottobre, ho illustrato alla Commissaria Ue Elisa Ferreira gli straordinari risultati conseguiti dal programma di interventi del Grande Progetto Pompei. Di recente abbiamo assicurato nuovi finanziamenti a Pompei affinché le ricerche e la valorizzazione possano continuare. L’Italia tutta deve essere orgogliosa dei continui successi di Pompei, che si conferma fra i luoghi più visitati e rappresentativi del nostro immenso patrimonio culturale» – conclude il ministro.