BRUXELLES – Europa Nostra è impegnata nella salvaguardia e promozione del patrimonio culturale e naturale in Europa. Fondata nel 1963, è oggi riconosciuta come la rete più rappresentativa del patrimonio in Europa. Organizza campagne per salvare monumenti, siti e paesaggi d’Europa in pericolo, in particolare attraverso il programma I 7 più a rischio. L’associazione riconosce l’eccellenza attraverso i Premi del Patrimonio Europeo / Premi Europa Nostra. I Premi sono stati promossi dalla Commissione Europea nel 2002 e da allora sono gestiti da Europa Nostra. Selezionano e promuovono pratiche esemplari, incoraggiano lo scambio transnazionale di conoscenze e mettono in relazione i vari soggetti interessati alle politiche del patrimonio.
Negli ultimi 18 anni, istituzioni e singoli individui da 39 Paesi hanno presentato un totale di 3.150 candidature ai premi. Il numero di proposte per nazione è il seguente: la Spagna è la primacon 542 progetti, seguita dall’Italia, con 318 proposte, e il Regno Unito, con 308 candidature. Riguardo alle categorie, Conservazione ha avuto la maggior parte delle candidature (1,794). segue Educazione, Formazione e Sensibilizzazione (601), poi Ricerca (395), e, infine, Impegno Esemplare per il Patrimonio (360).
Dal 2002, giurie di esperti indipendenti hanno selezionato 533 progetti vincitori da 34 paesi.
I vincitori di questa edizione sono stati selezionati da giurie costituite da esperti del patrimonio provenienti da tutta Europa, sulla base di una approfondita valutazione delle candidature provenienti da organizzazioni e singoli individui di 30 paesi europei.
Ecco i tre progetti italiani vincitori
Basilica di Santa Maria di Collemaggio, L’Aquila, ITALIA
La restituzione della Basilica di Santa Maria di Collemaggio alla città dell’Aquila, avvenuta nel dicembre del 2017, ha segnato un momento di fondamentale importanza nel percorso di rinascita seguito al tragico terremoto del 6 aprile 2009. Da quel disastro, la Basilica si è confermata nel suo ruolo di luogo simbolo, uno spazio di condivisione, celebrazione e commemorazione per la cittadinanza.
La Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città dell’Aquila e i Comuni del Cratere ha curato la progettazione del restauro, con il supporto di esperti di tre università italiane (“Sapienza” Università di Roma, Politecnico di Milano e Università dell’Aquila), e la direzione dei lavori, conclusi in soli due anni. L’intervento è nato da una efficace collaborazione istituzionale tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (MiBACT), la Diocesi e il Comune dell’Aquila (proprietario della Basilica) che nel 2013 ha sottoscritto il protocollo ‘Ripartire da Collemaggio’ con ENI s.p.a., in qualità di sponsor.
I pilastri polilobati crollati sono stati ricostruiti, utilizzando i blocchi lapidei recuperati dalle macerie. I pilastri ottagonali della navata sono stati rinforzati smontando e riassemblando quelli irreparabilmente danneggiati, sostituendo solo i blocchi gravemente compromessi e inserendo, ove necessario, barre filettate di rinforzo. Gli archi, le pareti e la copertura del transetto crollati sono stati interamente ricostruiti. Il pavimento danneggiato dal crollo e dal peso dei detriti è stato accuratamente ricomposto. L’organo barocco, distrutto dal crollo del transetto, è stato restaurato e ricomposto al suo posto; gli affreschi, risalenti ai secoli XIII-XV, sono stati protetti e restaurati, come anche gli altari in marmo e gli stucchi barocchi delle cappelle laterali.
Il restauro della Basilica di Santa Maria di Collemaggio ha richiesto non solo l’applicazione delle più avanzate metodologie di conservazione del patrimonio architettonico, ma anche una considerazione costante del ruolo che questa occupa nel contesto della città dell’Aquila. La ‘Perdonanza celestiniana’, iscritta nel 2019 nella lista del Patrimonio immateriale dell’umanità dall’UNESCO, si svolge ogni anno nella Basilica fin dal 1294 e il ‘Cammino del Perdono’ termina proprio a Collemaggio, testimoniando dell’importanza che il monumento riveste per l’intera regione.
La giuria, assegnando il riconoscimento, ha evidenziato che ‘‘questo progetto rappresenta pienamente la rinascita della città; il senso profondo di spiritualità e la partecipazione della comunità al progetto devono essere considerati come parte integrante dell’impresa. L’intero progetto prende le mosse da un accordo pubblico-privato, e ha visto il coinvolgimento di tre università. È stato fondato su un esemplare studio scientifico della vulnerabilità sismica dell’edificio. L’approccio multidisciplinare utilizzato nella considerazione delle conseguenze del disastro naturale sull’edificio sul suo contesto è un vero e proprio modello. È inoltre da rimarcare la previsione di un programma di manutenzione e monitoraggio costante. Il progetto si impone come paradigma di buona pratica da seguire nella conservazione di siti gravemente danneggiati in tutto il mondo’’.
Rete Tramontana III, Francia / Italia / Polonia / Portogallo / Spagna
Rete Tramontana III è uno studio approfondito sul patrimonio immateriale delle comunità rurali e montane in Europa che mira a salvaguardare e rivitalizzare tale patrimonio attraverso la sua documentazione e una sua più ampia diffusione. La ricerca è il risultato di una partnership tra otto partner principali provenienti da cinque diversi paesi: Francia, Italia, Polonia, Portogallo e Spagna, con oltre 50 entità associate. Il progetto ha beneficiato del sostegno del programma Europa Creativa dell’Unione europea, che ha finanziato il 60% dei costi, mentre la parte rimanente è stata coperta dai partner.
Il progetto Rete Tramontana III si basa sul lavoro completato durante i progetti Rete Tramontana I (2012-2013) e Rete Tramontana II (2014-2015), e ne espande le prospettive. In queste precedenti fasi, la rete Tramontana ha condotto oltre 1.200 indagini sul campo nell’ambito, tra gli altri, della linguistica, dell’antropologia, dei paesaggi sonori e dell’etnomusicologia. Sono state raccolte documentazioni fotografiche e audiovisive, e acquisiti repertori testuali. Un database con una parte di questo materiale è ora disponibile su un portale internet ben progettato, di notevole importanza per lo studio e la promozione della cultura delle regioni coinvolte. Oltre alle attività di ricerca, sono stati organizzati seminari, attività didattiche, mostre multimediali e proiezioni video in collaborazione con numerose istituzioni, università, scuole, fondazioni, biblioteche e musei.
“Questo progetto promuove un’idea dell’identità europea, e in particolare del patrimonio montano, che è comune in tutta Europa. È un eccellente esempio di cooperazione internazionale tra ricercatori con esperienza in diversi ambiti di studio. La metodologia utilizzata nel progetto è replicabile in tutta Europa e ha il potenziale per essere applicata in tutto il continente” – ha affermato la Giuria.
Turin Papyrus Online Platform (TPOP), Italia
Dal 2017 il Museo Egizio ha avviato la digitalizzazione della propria collezione papiri. A settembre 2019 è stata lanciata la Turin Papyrus Online Platform (TPOP), database che, utilizzando strumenti informatici e digitali, rende la collezione papirologica torinese accessibile oltre i confini geografici e disciplinari. La conservazione “virtuale” dei papiri, mediante la loro digitalizzazione e messa in rete all’interno di un sistema open data, contribuisce alla preservazione a lungo termine di tale materiale, che diventa disponibile a chiunque, ovunque e in qualsiasi momento.
La collezione papiri del Museo è composta da quasi 700 manoscritti interi o riassemblati e da oltre 17.000 frammenti, che documentano oltre 3000 anni di cultura materiale scritta in sette scritture e otto lingue provenienti da diverse località. Il progetto TPOP include una delle raccolte più grandi e di maggior rilievo storico per quanto riguarda i papiri ieratici di periodo Ramesside di Deir el-Medina.
I documenti digitalizzati sono in alta risoluzione e collegati a metadati aperti, che registrano le caratteristiche fisiche dei papiri, il tipo di scrittura e i disegni che riportano. È disponibile in open access ed è una piattaforma multiutente, il che significa che egittologi, storici e studiosi possono lavorare in modo collaborativo sul materiale da più posizioni e fornire dati liberamente.
Il Museo Egizio è così tra i primi musei ad abbandonare la pratica di concedere l’autorizzazione a pubblicare singoli manoscritti a un solo studioso, una politica che di solito porta a un numero molto limitato di pubblicazioni in proporzione alla quantità di papiri disponibili. Rendendo il TPOP aperto e accessibile, il Museo intende quindi promuovere la ricerca ai massimi livelli, con progetti di ricerca collaborativa condotti dai propri curatori, da singoli ricercatori e team di studiosi di lunga data o di recente formazione.
In futuro il portale potrà includere tutta la collezione papirologica del Museo Egizio, e potrebbe costituire il punto di partenza per la costituzione di una piattaforma online europea che colleghi le raccolte egizie di materiale scritto conservate in numerose istituzioni culturali europee. Questo porterebbe a unire database e frammenti in una modalità possibile solo digitalmente.
La giuria ha dichiarato: “L’Europa ha numerose collezioni papirologiche e raccolte di papiri, una ricchezza documentaria che testimonia l’interesse europeo per l’Orientalismo, emerso nel XVIII secolo e presente fino al XIX secolo, che ha permeato la sua cultura materiale. Lo sviluppo di una tale piattaforma online, di libero accesso e ad alta risoluzione, è di grande valore per i musei, soprattutto in considerazione del suo potenziale di essere utilizzato per la creazione di un museo digitale europeo che riunirebbe un patrimonio disperso, una raccolta virtuale omogenea che sarebbe impossibile realizzare a livello materiale. L’applicazione di strumenti dell’era digitale contribuisce allo sviluppo della conoscenza, alla conservazione della cultura materiale e alla sua accessibilità, sia per gli studiosi che per il pubblico generale, promuovendone la diffusione”.