VITERBO – Sono iniziati i lavori di restauro della Tomba degli Scudi, una delle più grandi e importanti tombe di Tarquina, risalente al IV secolo a.C., scoperta nel 1870. La necropoli in cui si trova è stata inserita nel 2004 nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco, insieme con quella di Cerveteri.
La pianta della tomba simula quella di una casa con atrio centrale su cui si aprono tre ambienti, uno sul fondo e due laterali. Solo il vano centrale e la camera di fondo sono decorati. I soffitti sono a doppio spiovente, con travi in rilievo nel vano principiale: qui recenti saggi di pulitura effettuati hanno rivelato una decorazione dipinta che simula le venature del legno.
La tomba presenta numerose iscrizioni dipinte, riferibili principalmente alla famiglia Velcha, proprietaria del sepolcro, importante e potente “gens” tarquiniese nota anche dalla tomba dell’Orco I. Erano qui sepolti anche illustri personaggi appartenenti ad altre famiglie gentilizie, come quella degli Aprthna e dei Camna.
Le scene più significative della camera centrale sono disposte nella parete frontale e in quella destra, dove sono raffigurate rispettivamente due coppie: la prima composta da un uomo semisdraiato su una kline ricoperta da drappi sfarzosi e dalla donna seduta ai suoi piedi, identificabili uno come Larth Velcha, fondatore della tomba, e l’altra come Velia Seithiti, sua sposa; accanto alla coppia stanno Velthur Velcha, padre del fondatore, e la sua sposa Ravnthu Arpthnai. Quest’ultima coppia è raffigurata anche sulla parete sinistra in atteggiamento regale.
Sulla parete d’ingresso sono raffigurate scene di corteo che alludono al viaggio verso l’aldilà di Larth Velcha, scortato dai littori, la cui presenza sottolinea la dignità della carica di magistrato ricoperta in vita dal defunto.
Il fregio d’armi nella camera di fondo, in cui sono raffigurati gli scudi che danno il nome alla tomba, vuole forse evidenziare il ruolo preponderante svolto in campo militare dai membri dell’aristocratica famiglia.
La decorazione della tomba è esemplificativa dei programmi figurativi dei grandi sepolcri gentilizi di età ellenistica ed è tesa a celebrare le virtù ed il rango della famiglia Velcha, immortalando il momento della partenza del defunto verso l’oltretomba e il banchetto funebre cui partecipano idealmente tutti i membri della famiglia.
Il restauro interessa unicamente la camera centrale e si concluderà entro la fine dell’anno. Maria Gabriella Scapaticci, direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia, intervenendo alla presentazione del restauro ha dichiarato: “Da questi lavori ci aspettiamo grandi novità”.
L’intervento è stato finanziato con 24mila 500 euro da Intesa Sanpaolo nell’ambito del progetto “I luoghi del cuore”, del Fondo Ambiente Italiano (Fai), ed è iniziato da pochi giorni. La tomba è stata infatti votata come luogo del cuore da 5.681 persone nel 2014. Il Fai si è quindi attivato per il restauro facendola rientrare nel programma di finanziamento di Intesa Sanpaolo, che destina 400mila euro al Fai ogni due anni per interventi sul patrimonio culturale.
La restauratrice Maria Crisitina Tomassetti ha spiegato: “I primi sondaggi di pulitura ci hanno dato dei risultati soddisfacenti: nei punti dove abbiamo iniziato a rimuovere le patine bianche, che si creano in qualsiasi ambiente ipogeo, sono infatti apparsi dei piedi di alcune figure che prima non si vedevano assolutamente”. Nel frattempo già si sta pensando agli altri ambienti per i quali “basterebbero altri
80mila euro”, ha sottolineato Scapaticci che ha ricordato che la tomba è stata inserita tra i luoghi cui destinare erogazioni liberali, fortemente incentivate con il decreto Art Bonus voluto dal ministro Dario Franceschini.
Intanto il 23 luglio e il 28 agosto prossimi sarà già possibile fare una visita straordinaria per vedere lo stato di avanzamento dei lavori dal vivo.