FIRENZE – Dopo un accurato restauro, effettuato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e sostenuto economicamente anche dagli Amici degli Uffizi, è tornata a splendere la Pala di Sant’Ambrogio, raffigurante la Madonna con Bambino e santi, capolavoro dipinto da Sandro Botticelli intorno al 1470, all’età di circa 25 anni. L’intervento di restauro, preceduto da un’attenta campagna diagnostica, ha rivelato tutti i dubbi e le incertezze dell’artista nella realizzazione dell’opera. Il dipinto risulta, infatti, rimaneggiato profondamente fino alle fasi più avanzate di realizzazione, con interventi in alcuni casi visibili ancora oggi addirittura ad occhio nudo.
Come ha sottolineato il Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure Marco Ciatti, che ha supervisionato l’intervento: “Il risultato di gran lunga più importante ottenuto da questa campagna di analisi, come sempre dovrebbe essere in occasione dei restauri, è stato l’ampliamento della conoscenza sul modus operandi di Botticelli, che dovrà adesso essere adeguatamente ricollegato ad altre opere dello stesso artista”.
“Questo deve insegnarci che un buon restauro deve anche essere un’occasione di ricerca e non mirare solo ad effetti spettacolari. – Ha spiegato Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi – Per questo sono grato agli Amici degli Uffizi e ai Friends of the Uffizi Galleries, che sempre ci sostengono con generosità in questo nostro impegno per la tutela e la migliore conoscenza del nostro patrimonio”.
La Presidente degli Amici degli Uffizi e dei Friends of the Uffizi Galleries Maria Vittoria Rimbotti ha rammentato: ”Dobbiamo il sostegno a questo importante restauro alla generosità dell’amico Joseph Raskauskas, componente dei Friends of the Uffizi Galleries americani che abbiamo fondato nel 2006. Ed è sempre un grande piacere per noi vedere la passione con cui i Friends si impegnano per tutelare i capolavori della cultura, riconoscendo così le nostre comuni radici”.
La Pala di Sant’Ambrogio
La monumentale opera, una tempera su tavola, è stata realizzata da Sandro Botticelli intorno al 1470. La raffigurazione in primo piano dei santi Cosma e Damiamo, i santi medici identificati dalle iscrizioni ‘S. COSIMUS’ – ‘S.DAMIANUS’, fa pensare ad una commissione legata all’Arte dei Medici e Speziali, oppure alla famiglia Medici, casata per la quale Botticelli eseguì le sue opere più celebri.
Si tratta di una delle prime pale d’altare da lui dipinte. Le figure delle sante ricordano i modelli di Filippo Lippi, maestro di Botticelli, mentre l’ambientazione classicheggiante, dove predominano i marmi policromi di ispirazione albertiana, e l’abile resa dei panneggi, frutto di lunghe esercitazioni dal vero, rimandano alla bottega del Verrocchio dove Botticelli probabilmente completò la sua formazione.
Poco o niente si sa della storia di questo capolavoro, entrato nella raccolta delle Gallerie fiorentine – prima alla Galleria dell’Accademia e poi, dal 1948, agli Uffizi – nel 1808 con la soppressione del monastero benedettino femminile di Sant’Ambrogio a Firenze. L’assenza di santi legati all’ordine monastico e all’intitolazione della chiesa fanno dubitare che questa fosse la destinazione originale.
Il restauro
L’opera si trovava nella sede dell’Opificio da alcuni mesi. Aveva problemi al supporto ligneo e tre zone in cui il colore era sollevato e parzialmente danneggiato. L’intervento ha risolto i problemi di tensione del supporto e posto rimedio alle alterazioni cromatiche.
Il restauro è stato effettuato sotto la direzione storico artistica di Cecilia Frosinini. L’intervento sulla parte pittorica è opera di Luisa Gusmeroli e Patrizia Riitano, mentre quello sul supporto è stato effettuato da Ciro Castelli e Andrea Santacesaria. Le indagini ottiche, la documentazione fotografica e le elaborazioni grafiche sono state realizzate da Roberto Bellucci. Hanno collaborato per le indagini: Laboratorio scientifico Opificio delle Pietre Dure, CNR INO, INFN, sezione di Firenze, Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Chimica e dei Materiali, Dipartimento di Fisica, Università degli Studi di Cagliari.
I ripensamenti del dubbioso Botticelli
La maggior parte dei ripensamenti da parte di Botticelli sull’opera sono emersi grazie al confronto fra radiografia e indagini riflettografiche. E’ risultato, ad esempio, come Botticelli avesse cancellato letteralmente un pavimento già strutturato tramite incisioni e dipinto nei dettagli, per sostituirne la parte centrale con una pedana per innalzare la figura della Vergine Maria. Ma non solo: il Bambino, in braccio alla Madonna, durante il processo pittorico, cambia drasticamente posizione, come appare visibile grazie all’individuazione in riflettografia, della prima impostazione degli occhi, collocati in posizione diversa e ruotata rispetto a quella definitiva, e ad una gamba che muta postura. San Cosma, uno dei santi raffigurati, in origine guardava verso l’alto, come è evidente anche in questo caso dallo spostamento dell’occhio, differentemente orientato in origine, che riemerge ‘dalle viscere’ del quadro setacciate ancora una volta dalla riflettografia. Con un ulteriore ripensamento, Botticelli decise successivamente di dare a questo personaggio un altro tipo di atteggiamento e dunque, nella versione ultimata, San Cosma, invece di essere rivolto verso la Vergine, tiene la testa più in basso e guarda verso lo spettatore. Sempre sul personaggio di San Cosma – che proprio non doveva convincere Botticelli – risultano dei ripensamenti: la sua veste, nella versione precedente lo collocava spostato all’indietro, verso sinistra, e l’alone del suo diverso collocamento, non del tutto cancellato, è visibile ancora oggi all’osservatore attento.
Anche il personaggio di Santa Caterina d’Alessandria, raffigurata in piedi all’estrema destra della pala, presenta alcune macroscopiche modifiche. Botticelli le ‘cancella’ letteralmente un pollice (facendolo scomparire sotto un lembo del manto), ma, come per la veste di San Cosma, il ‘fantasma’ del dito si può vedere ancora oggi. Lo stesso, sia pure in modo lievemente meno riconoscibile, avviene per la punta del mignolo della stessa mano, che il pittore fiorentino decise di ‘accorciare’ a dipinto pressoché finito.
“È probabile – ha spiegato Cecilia Frosinini, storica dell’arte dell’Opificio delle Pietre dure – che questa inusuale caratteristica metodologia di Botticelli, improntata ad un ripensamento continuo nella genesi dell’opera, gli derivi dall’apprendistato alla bottega di Filippo Lippi, il quale già prima di lui manifestava questa tendenza, assolutamente inusuale per gli artisti del tempo. Ed è importante osservare inoltre, come alcuni dei nuovi dettagli emersi dalle indagini, relativi alla realizzazione della Pala di Sant’Ambrogio, potrebbero offrire elementi per un riesame complessivo della committenza dell’opera”.
La pala, a partire dai prossimi giorni, tornerà esposta permanentemente nella sala della Primavera agli Uffizi.
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