SPOLETO – Si intitola Artificial Artechnology il progetto che la Fondazione Carla Fendi, guidata da Maria Teresa Venturini Fendi, presenta dal 24 giugno al 10 luglio in Piazza Duomo a Spoleto per la 65esima edizione del Festival dei Due Mondi, di cui la Fondazione è Main Partner. Ancora una volta il dialogo tra arte e scienza/tecnologia rappresenta un connubio ideale per leggere e restituire la complessità della contemporaneità.
Protagonista di Arte ‘on the wall’ è quest’anno l’artista Daniele Puppi che, sulla facciata del seicentesco Teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi, propone un lavoro fotografico di grande intensità e impatto visivo, realizzato in 4 esemplari nel 2004 per la Lisson Gallery di Londra e ora in Collezioni Private, la cui attualità si riafferma oggi sia sul piano dell’estetica che del sottinteso concettuale.
“Nell’intervento del FRAMMENTO FATICA N. 26, ad effetto tridimensionale di Daniele Puppi, che attraverso la raffigurazione di una gigantesca mano dell’artista sostiene la facciata del Teatro Caio Melisso – afferma Maria Teresa Venturini Fendi – personalmente leggo un voler ‘catturare’ e preservare i Beni d’arte antica, fonti di nascita per quelli del futuro, a voler ribadire che non c’è cultura senza passato”.
Ma è lo stesso Daniele Puppi a parlare della ri-attualizzazione di questa opera. L’intervista è inoltre l’occasione per comprendere il lavoro dell’artista, che fin dal suo esordio propone una personale risemantizzazione e riconfigurazione dello spazio, con lo scopo di scardinarne l’idea consolidata all’interno delle coordinate euclidee, invitando così lo spettatore/visitatore in una nuova dimensione multi-sensoriale.
Come è avvenuto l’incontro con la Fondazione Carla Fendi. Perché hai deciso di riproporre un lavoro del 2004 e come si inserisce in questo specifico contesto?
Quando Maria Teresa Venturini Fendi mi ha chiesto di pensare a un’immagine per il Teatro Caio Melisso, in occasione del Festival dei Due Mondi, l’idea mi ha incuriosito e ho accettato volentieri la collaborazione.
Dopo aver visto la facciata del Teatro ho scelto come immagine il frammento di un’installazione del 2004, dal titolo Fatica 26, che per forma, colore e dimensione mi sembrava perfetta. Inoltre, nonostante i suoi 18 anni, in questo contesto mi risulta sorprendentemente contemporanea.
In cosa consistono esattamente le Fatiche?
Fatiche è suono, ritmo e sproporzione.
Realizzi ambienti multi-sensoriali, dove il suono ha un ruolo rilevante ed è anche spesso angosciante. Penso ad esempio all’installazione Respira che hai presentato nel 2017 alla Galleria Borghese. Qual è il messaggio che intendi trasmettere?
Lo spirito (energia) vince la materia. L’obiettivo è arrivare a quel gesto unico, essenziale che sconvolge l’abitudine del guardare, del percepire, del sentire.
Quando si dice che tendi a scardinare l’idea di spazio è in questo senso?
Esatto. Scardinare l’idea di percezione dello spazio come viene solitamente pensato e conosciuto. Rompere “lo sguardo assimilatore delle abitudini.”
Cosa intendi invece per “work in regress”?
Togliere e ancora togliere, arrivare all’essenza. Alla sintesi estrema accessibile a tutti.
Questo presuppone anche per te un contatto particolare, viscerale, quasi “carnale” con lo spazio in cui ti trovi a lavorare?
Considero lo spazio come essere “animato” con una sua essenza da percepire con tutti i sensi ben allertati.
Spazio, percezione, suono sono l’essenza del tuo lavoro?
Direi di si, insieme all’immagine e a qualcos’altro.
Cos’altro entra in gioco?
L’unicità di chi guarda.
Quali sono le tue fonti di ispirazione?
La mia stralunata percezione di tutto ciò che mi circonda.
Da artista tecnologico hai fatto un’incursione anche nel mondo degli NFT. È un’esperienza che ti affascina e ti coinvolge?
Mi incuriosisce avendo in archivio migliaia di immagini e frammenti video. Chissa poi…
Pensi che il futuro dell’arte possa essere nel metaverso?
Spero di no. A me piace infilare la lingua in bocca.
Tornando all’opera di Spoleto e l’immagine gigantesca della mano che sembra proteggere l’edificio. Per te preservare il passato è importante per costruire il futuro?
Passato e futuro, la mano protegge entrambi.
Qual è secondo te lo scopo di un artista?
Continuare a cercare un’impossibile sintesi formale. Forse.