Concepita come una partitura collettiva e realizzata in ogni dettaglio prima della sua improvvisa scomparsa, In Minor Keys sarà il testamento curatoriale di Koyo Kouoh. La Biennale d’Arte 2026 prenderà forma nel segno di un atto di fedeltà al suo pensiero, un progetto che rifiuta il tono assertivo della denuncia per farsi spazio di risonanza affettiva, poetica e politica.
Annunciata oggi a Ca’ Giustinian, sede della Biennale, la mostra sarà inaugurata il 9 maggio 2026 (con pre-apertura il 7–9 maggio) e resterà visitabile fino al 22 novembre 2026, articolandosi tra i Giardini, l’Arsenale e vari spazi diffusi in città. Il titolo – In Minor Keys – non è una metafora elegiaca, ma una dichiarazione d’intenti. Kouoh lo aveva consegnato alla Biennale già l’8 aprile 2025, accompagnandolo con un memorandum in cui chiariva la natura del progetto: “non una litania di commenti sugli eventi mondiali, né un atto di disattenzione o di fuga dalle crisi”, ma una mostra che cerca un’alternativa sensibile al tempo accelerato del presente.
Processi e struttura curatoriale
Il lavoro di Koyo Kouoh – curatrice camerunense con cittadinanza svizzera – si era intensificato a partire da ottobre 2024, quando aveva accettato l’incarico affidatole dal Presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco. Nominata ufficialmente Direttrice del Settore Arti Visive a novembre, Kouoh ha costruito la mostra lavorando in stretta collaborazione con artisti, editori, grafici, architetti e consulenti. Fino agli ultimi giorni, ha definito con precisione i nodi concettuali e formali dell’Esposizione: dalla selezione delle opere all’impianto visivo, dalla struttura narrativa del catalogo al disegno degli spazi.
Il team da lei formato – composto da Gabe Beckhurst Feijoo, Marie Helene Pereira, Rasha Salti, Siddhartha Mitter e Rory Tsapayi – porterà avanti il progetto come da sua volontà, con il pieno sostegno della famiglia e dell’istituzione veneziana.
Un’alternativa al tempo dominante
Nel suo impianto curatoriale, In Minor Keys propone una frizione delicata ma profonda con l’ideologia dell’efficienza. Rifiuta sia la neutralità della forma, sia la retorica dello shock. Parla invece di meraviglia, sospensione, soggettività. “Un tempo in cui l’arte non è proprietà delle corporazioni né sottomessa alla produttività incessante”, scrive Kouoh. Il sapere indigeno, i gesti quotidiani, la relazione con la terra: tutto ciò che il capitale considera irrilevante diventa, in questa mostra, un principio generativo.
Gli artisti coinvolti – non ancora annunciati – saranno presentati ufficialmente il 25 febbraio 2026. Quel giorno sarà resa pubblica anche l’identità grafica della mostra, il progetto di allestimento e la lista dei padiglioni nazionali.
La mostra come progetto compiuto
In Minor Keys non sarà una mostra postuma, ma una mostra compiuta, che si realizzerà nel pieno rispetto della sua ideatrice. In questa fedeltà c’è la forza politica dell’edizione 2026, con la concretizzazione di un pensiero curatoriale integrale, in cui l’arte si fa campo di relazioni affettive e di visioni minoritarie. Non marginali, ma consapevolmente eccentriche rispetto al centro.