ROVIGO – Una mostra ambiziosa che presenta Kandinskij come non si è mai visto prima in Italia. Ci tiene a sottolinearlo Paolo Bolpagni, che con Evgenia Petrova cura “Kandinskij. L’opera / 1900-1940”, ospitata a Palazzo Roverella a Rovigo, dal 26 febbraio al 26 giugno 2022.
Ciò che contraddistingue l’esposizione è innanzi tutto l’impianto scientifico, ma anche il numero (80) e soprattutto la qualità delle opere riunite in dodici sezioni. Una sala introduttiva è inoltre riservata all’arte popolare russa, dedicata ai popoli della Vologda (Russia settentrionale), con le quali l’artista entrò in contatto nel 1889.
Le peregrinazioni e l’evoluzione artistica di Kandinskij
Abbandonata la carriera giuridica, nel 1896, all’età di trent’anni, Kandinskij si trasferisce a Monaco di Baviera per studiare pittura, prima con Anton Ažbe, poi con Franz von Stuck. Le sue opere rilevanti sono xilografie e dipinti dalle atmosfere fiabesche, che spesso si rifanno al folklore russo. Tra esse “Sonntag”, del 1904, dal Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam.
Dopo un periodo di peregrinazioni tra l’Europa centro-occidentale e la Russia, nel 1908 Kandinskij si stabilisce a Murnau, in Baviera. I suoi dipinti si caratterizzano ora per grandi zone di colore brillanti giustapposti. E in mostra, accanto ai suoi capolavori, si ammirano opere di Gabriele Münter, Marianne von Werefkin e Alexej von Jawlensky.
Il passaggio dalla figurazione all’astrattismo avviene sotto l’influsso del modello musicale ed è ravvisabile anche nel rapporto con il compositore e pittore Arnold Schönberg, di cui sono presenti in mostra due importanti dipinti.
Il colore si libera dal disegno, dalla linea, e perde ogni funzione rappresentativa, diviene un mezzo per suscitare sensazioni ed esprimere l’animo dell’artista e le sue percezioni non soltanto visive, ma sonore, tattili, psicologiche. “Improvisation 34”, del 1913, è un’opera emblematica, proveniente dalla città di Kazan, dal Museo di Stato di Belle Arti della Repubblica del Tatarstan.

Dal “Cavaliere azzurro” alla tendenza geometrizzante
Il dipinto Der Reiter (Sankt Georg), prestato dalla Galleria Tret’jakov di Mosca, è emblematico del nuovo percorso intrapreso da Kandinskij. In mostra viene posto a confronto anche con lavori di Paul Klee.
Dopo un periodo in Svizzera l’artista alla fine del 1914 si stabilisce a Mosca e continua a teorizzare la correlazione tra forma, colore e musica, contrastato dalle teorie costruttiviste e materialiste.
Tornato in Germania nel 1921, la sua pittura inizia intanto ad acquisire una progressiva tendenza alla geometrizzazione, come documentano in mostra le opere concesse dal Museo di Stato Russo di San Pietroburgo e dal Puškin di Mosca.
L’insegnamento al Bauhaus
Nel 1922 Kandinskij si trasferisce a Weimar a insegnare al Bauhaus. Qui ritrova l’ideale di comunanza e sintesi tra le arti da lui sostenuto sin dai tempi del “Cavaliere azzurro”. Al geometrismo continua ad accompagnarsi una base irrazionale, in cui le scelte espressive sono determinate da un’intuizione spirituale. In mostra, tra gli atri, “Weisses Kreuz”, olio su tela del 1922 della Collezione Peggy Guggenheim, “Rot in Spitzform”, del 1925, dal MART di Rovereto, e “Grün über Rosa”, del 1928, di collezione privata.
L’arrivo in Francia
L’approdo in Francia coincide con un Kandinskij più giocoso, influenzato anche dall’amico e collega Klee, per cui inizia a farsi spazio un linguaggio biomorfo vicino per alcuni versi a quello surrealista. Tra i prestigiosi prestiti internazionali, per questa sezione conclusiva della mostra, “Le nœud rouge”, olio su tela del 1936, dalla Fondation Maeght di Saint-Paul-de-Vence, e “Sans titre” del 1940, dall’Albertina di Vienna.
Il catalogo
La mostra è accompagnata da un importante catalogo realizzato da Silvana Editoriale, nel quale, oltre ai saggi dei curatori Paolo Bolpagni e Evgenia Petrova, sono presenti quelli di Silvia Burini, Andrea Gottdang, Jolanda Nigro Covre e Philippe Sers, una biografia dell’artista di Brigitte Hermann e la riedizione della rara traduzione in italiano dello scritto di Kandinskij “Sguardi sul passato”, dalla versione russa del 1918.