TORINO – Sfiora i quattromila visitatori paganti il numero di coloro che dal 16 giugno hanno deciso di addentrarsi fra le splendide sale della Biblioteca Reale di Torino per ammirare Più splendon le carte. Dante dal tempo all’etterno, la mostra realizzata con la collaborazione di MetaMorfosi, che ha visto uniti nella sua curatela il professore di filologia dantesca Donato Pirovano e Giovanni Saccani, direttore della famosa biblioteca torinese che racchiude manoscritti, cinquecentine e incunaboli preziosi e bellissimi.
Quasi quattromila persone hanno percorso l’elegante salone Palagiano di una delle istituzioni culturali più prestigiose di Torino, che nei suoi caveau protegge anche lo straordinario foglio dell’autoritratto di Leonardo da Vinci, summa di bellezza e perfezione, per ammirare una sessantina, tra libri stampati e manoscritti, che testimoniano l’immensa fortuna che la Divina Commedia e il suo autore ebbero nei secoli. Un grande successo, per un’Italia di visitatori che predilige la pittura, che si mette in fila per i grandi nomi e che raramente offre consenso e plauso a mostre non mastodontiche ma grandi nel progetto scientifico e nella cura degli studiosi che le hanno pensate e immaginate. A Donato Pirovano, che in questo caso è l’autore della minuziosa e appassionata cura scientifica, ArteMagazine ha rivolto alcune domande per capire il segreto di quest’esposizione che rimarrà a Torino fino al 31 luglio 2016.
Come è nata l’idea della mostra?
«Da un incontro con Giovanni Saccani. Come professore di filologia dantesca ogni anno porto gli studenti a visitare la Biblioteca Reale per far loro scoprire, letteralmente, come sono fatti i libri. Sono studenti che frequentano il primo anno e la lezione di quest’anno è caduta proprio in occasione dei Centenari Danteschi, un ciclo di iniziative che si concluderanno nel 2021 per celebrare i 700 anni della morte di Dante. In quell’occasione parlammo con il direttore della Biblioteca e nacque l’idea della mostra, che poi condividemmo con Pietro Folena, presidente di MetaMorfosi, che ci ha sostenuto nella produzione e nell’organizzazione dell’esposizione».
Torino, per tradizione, non è città dantesca
«È vero. Però i miei studenti avevano già organizzato letture pubbliche che avevano riscosso notevole successo di pubblico: Per correr miglior acque – Letture Dantesche torinesi. Volevamo quindi trovare un altro modo per attirare i tanti appassionati di Dante e della Commedia, sostenuti anche dalla fortuna che il sommo poeta ha ritrovato grazie ai successi televisivi delle letture attoriali di Benigni. Inizialmente avrebbe dovuto titolarsi “Real Dante”, perché avremmo portato in esposizione soltanto i volumi appartenenti alla Biblioteca Reale. Poi, con l’aiuto di MetaMorfosi, siamo riusciti ad inserire in mostra molti prestiti dalle più prestigiose biblioteche italiane».
Gli esemplari più preziosi e più rari che si possono vedere in questi giorni a Torino?
«Il più antico è del 1334, l’Ashburnham che arriva dalla Biblioteca Laurenziana di Firenze; poi uno dei tre manoscritti della Commedia copiati da Giovanni Boccaccio, il Riccardiano 1035, caratterizzato dal passaggio da due a una colonna, forse per creare uno spazio bianco dedicato ai commenti; ed infine il Codice Palatino che contiene 87 preziose miniature. Ma in mostra ci sono anche le traduzioni in russo e in ebraico e le edizioni ottocentesche con le dediche ai sovrani di Savoia».
La Commedia ebbe una grandissima fortuna: centinaia di codici ne trasmisero i contenuti. Ma a chi erano destinati tutti questi manoscritti di cui ci rimangono, soltanto fra quelli datati fino al 1400, circa 300 esemplari?
«Tra gli acquirenti c’erano sicuramente i notai. Colti e ricchi. Non erano certo edizioni economiche e potevano essere davvero costose, soprattutto per il tipo di pergamena usata e per le decorazioni. Ma Dante era conosciutissimo anche dal popolo. I suoi versi erano recitati a memoria. La tradizione racconta di un suo infuriarsi contro un fabbro che, a suo dire, recitandoli li stava per l’appunto, storpiando».
In esposizione ci sono anche volumi dalle splendide illustrazioni
«Si, abbiamo voluto che a parlare non fossero soltanto i manoscritti più preziosi, ma anche quegli autori che si sono dedicati ad illustrare Dante, vale per tutti Gustave Doré. C’è anche un bellissimo incunabolo del ‘400 con incisioni realizzate sui disegni di Botticelli, che lavorò ad una particolarissima edizione del 1481voluta dall’ambiente gravitante attorno a Lorenzo de’ Medici a cui furono chiamati a collaborare moltissimi artisti perché, sin dalle intenzioni, avrebbe dovuto essere la più bella mai realizzata. Inoltre abbiamo voluto portare in esposizione anche libri dalle rilegature particolarmente belle, alcune in raso e in velluto, e le abbiamo raccolte in un unico tavolo».
Un grosso lavoro anche per realizzare l’apparato didascalico e il catalogo (edito da Hapax)
«In questo senso va sottolineata la dedizione e la passione con cui si sono dedicate all’impresa le quattro studentesse del corso di laurea magistrale in filologia, letteratura e linguistica italiana: Eleonora Corrente, Giulia Morano, Simonetta Doglione e Francesca Olocco. L’obiettivo era quello di fornire delle chiavi di accesso ad argomenti di non semplicissima interpretazione come la filologia e la paleografia».
C’è qualcosa in mostra, infine, a cui tiene particolarmente?
«La presenza della prima edizione a stampa de La vita nuova, uno degli ultimi libri di Dante ad andare in tipografia, e del De Vulgari Eloquentia, in cui il traduttore Gian Giorgio Trissino tentò una riforma ortografica che prevedeva l’uso di caratteri greci per indicare la “e” e la “o” aperti. Riforma che però non ebbe successo e rimase lettera morta».
Vademecum
“Pià splendean le carte”
Biblioteca Reale di Torino
Piazza Castello – Torino
fino al 31 luglio