Un progetto di ricerca congiunto tra Opera di Santa Croce e Università di Firenze riscrive la mappa del complesso monumentale, ricostruendone i volti perduti attraverso le tecnologie delle Digital Humanities.
Un articolato programma di ricerca e valorizzazione, nato dall’intesa tra l’Opera di Santa Croce e l’Università di Firenze – in particolare i Dipartimenti di Architettura (DIDA) e di Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo (SAGAS) – sta ridefinendo il modo di leggere e interpretare uno dei più complessi palinsesti monumentali d’Italia, quello di Santa Croce a Firenze.
Rileggere l’invisibile
L’obiettivo condiviso è ambizioso: ricostruire la storia stratificata del complesso e renderla fruibile in modo più consapevole e immersivo. Un processo che non si limita alla conservazione, ma punta a una restituzione narrativa capace di illuminare spazi oggi scomparsi, trasformati o dimenticati.
Il progetto, avviato nel 2019, coinvolge un ampio gruppo di studiosi guidati da un comitato scientifico composto da Sonia Chiodo, Andrea De Marchi, Emanuela Ferretti, Stefano Filipponi, Isabella Gagliardi, Pietro Matracchi, Eleonora Mazzocchi e Ludovica Sebregondi. I primi risultati sono stati presentati nel volume Santa Croce tra passato e futuro – Conoscere, conservare, condividere, secondo titolo della collana Voci di Santa Croce, pubblicata dall’Opera.
Il tramezzo ritrovato
Tra le scoperte più significative, spicca la ricostruzione virtuale del tramezzo trecentesco che un tempo divideva la navata in due aree: una per la comunità francescana, l’altra per i fedeli. Smantellato nella seconda metà del Cinquecento durante gli interventi vasariani in chiave controriformista, il tramezzo rivive ora grazie a rilievi digitali, modellazione 3D e simulazioni immersive. I lavori, curati da Giovanni Pescarmona e Giuseppe Costanzone sotto la guida di Giorgio Verdiani e Donal Cooper, hanno consentito per la prima volta una rappresentazione grafica articolata della struttura.
Alta quasi cinque metri e articolata in nove campate, la divisione si sviluppava all’altezza della quinta campata della basilica, configurandosi come un vero fulcro devozionale. Il progetto ha anche permesso una ricollocazione virtuale delle opere d’arte che lo ornavano: al centro il Crocifisso del Maestro di Figline, affiancato dalla Pala Bardi di Coppo di Marcovaldo e dalla Maestà dello stesso Maestro. Si ipotizza inoltre la presenza della Stimmatizzazione di San Francesco di Taddeo Gaddi, oggi conservata a Harvard.
Oltre la superficie: archeologia della liturgia e della memoria
Le ricerche hanno investito anche le fasi più antiche del complesso, tra cui la prima Santa Croce, assai più piccola dell’attuale, i cui resti sono riemersi durante gli scavi del 1967. Al tempo stesso, è stato possibile riassegnare correttamente alcune vetrate istoriate, attribuendo a Giotto la rappresentazione di Mosè, Davide, Aronne e Salomone nella Cappella Maggiore.
Attraverso il lavoro di giovani studiosi come Giovanni Giura e Alessandro Grassi, si è potuta ricostruire la collocazione originaria di opere mobili come il Crocifisso di Donatello e la Maestà del Maestro da Figline, restituendo così le dinamiche di spostamento e riassemblaggio che hanno segnato nei secoli la trasformazione dell’apparato liturgico.
Questo percorso di studio si estende oggi oltre i confini nazionali con un nuovo progetto di ricerca dedicato al Tribunale dell’Inquisizione a Santa Croce, ai suoi spazi e alla sua storia. Coordinato da Susanna Caccia Gherardini, Emanuela Ferretti e Isabella Gagliardi, il progetto coinvolge università in Spagna, Francia, Giappone e Stati Uniti, confermando la basilica fiorentina come crocevia di indagine storica, teologica e architettonica.
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