ROMA – Fino a domenica 6 novembre, al Museo di Roma in Trastevere, è visitabile la mostra del XIII Premio PHOTO IILA organizzato dalla Organizzazione Italo Latino Americana per promuovere fotografi latinoamericani under 35 e far conoscere in Italia un panorama giovane e in fermento. In palio vi è una residenza d’artista a Roma, per realizzare un progetto dedicato alla Città Eterna. A vincere quest’anno è la colombiana Natalia Ortiz che, in risposta al tema di questa edizione “V.A.S.! Vida, Agua, Salud”, ha proposto la serie fotografica Huele a Lluvia, il cui focus è la siccità e il condizionamento ambientale, umano e sociale che ne deriva. Il progetto sorprende per la resa poetica e lieve che, se da un lato evidenzia paradossalmente la durezza della questione, dall’altra è capace di rendente perfettamente la interdipendenza tra luoghi e persone, grazie all’uso di un’antica tecnica di stampa.
Abbiamo scambiato due chiacchiere con Natalia Ortiz prima del suo incontro pubblico previsto venerdì 4 novembre, alle ore 18.30, al Centro sperimentale di Fotografia Adams a Roma, partner dell’IILA per questo Premio.

Natalia, partiamo dal tema portante del tuo progetto “Huele a Lluvia”, ora in mostra a Roma. Come è nato il tuo interesse per l’acqua, che è al centro della tua più ampia ricerca fotografica?
In un Paese immensamente ricco e diversificato come la Colombia, l’acqua come elemento attorno a cui ruota la vita è un tema sempre presente nell’agenda politica in ambito sociale e comunitario. Le persone tendono a organizzarsi per proteggere questo bene comune e ci sono sempre processi di resistenza nei confronti dei megaprogetti che possono influenzare il normale sviluppo delle comunità. Poiché la mia formazione è in ingegneria ambientale, ho sempre avuto presente questa tematica; mi muove soprattutto la scarsa attenzione dello Stato nei confronti del diritto all’acqua e a un ambiente sano o il modo in cui le comunità locali vengono considerate in questi progetti, il cui scopo è quello di ottenere profitti. Ora che ho realizzato tre progetti fotografici che in qualche modo toccano il tema dell’acqua, mi rendo conto di quanto sia profondo il mio legame con l’argomento. Soprattutto, mi interessa capire i diversi modi di vivere e di coesistere, come siamo e come ci comportiamo noi esseri umani quando c’è o meno l’acqua, o quando è inquinata o di difficile accesso, ecc.

Guardando la serie “Huele a Lluvia” e altri tuoi progetti, sembra chiaro che il rapporto con le comunità che soffrono per il problema dell’acqua sia molto importante nello sviluppo del tuo lavoro. Come nascono le tue fotografie? Come riesci a raggiungere una sintesi tra la rappresentazione fotografica e la dimensione relazionale?
La realizzazione di ogni progetto e la forma di rappresentazione dipendono direttamente dal mio rapporto con le persone. In genere inizio un lavoro visivo dopo un certo periodo di frequentazione, che può essere anche di anni, mentre in alcuni casi è più veloce che in altri, tutto dipende dal modo in cui ci approcciamo. Per realizzare “Huele a Lluvia” ho visitato il luogo in cui ho realizzato il progetto per più di 10 anni, scattando foto singole e parlando con le persone. Prima di tutto ho cercato di capire le mie motivazioni e la spinta che mi ha portata ad essere lì. Poi, quando ho vinto un premio per avviare il progetto, ho fatto un laboratorio di fotografia con la comunità, perché sento che questo è il mio contributo, e così a poco a poco abbiamo rafforzato il rapporto con alcune persone.
Le fotografie nascono d’accordo con la tecnica che decido di utilizzare, cercando di mantenere una corrispondenza con il concetto che voglio esprimere. Per esempio, con “Huele a Lluvia” ho pensato che la stampa alla clorofilla fosse perfetta, dato che in quel luogo l’accesso all’acqua è difficile, e questa tecnica non utilizza acqua ma molto sole, e lì, a El Pozo, la luce è molto forte. Inoltre, “Huele a Lluvia” cerca di dare indizi su come noi uomini assomigliamo al territorio che abitiamo, quindi concettualmente mi è sembrato che l’aver inserito un volto, un’attività, un paesaggio, in una foglia di una specie locale abbia dato molta forza al discorso, proponendo una sorta di meta-narrazione. Per creare le immagini mi affido molto alla letteratura, che mi permette di immaginare liberamente e di creare l’intero scenario.

In che modo inserisci queste relazioni umane nelle fotografie? O meglio, considerando il tempo che gli dedichi e la modalità di interazione, come influisce il rapporto che instauri sulla risoluzione fotografica?
Secondo Alfredo Molano, giornalista e sociologo colombiano, la storia ufficiale che ci viene raccontata non è la vera storia, perché è la storia del vincitore; la vera storia è invece raccontata dalla gente e le strade, o come chiamiamo noi le strade nelle montagne, tronchas, i sentieri, quelli che ci portano a queste storie vere. Quindi, le persone e le comunità sono la cosa più importante nelle mie fotografie, perché sono le persone a sostenere la memoria, le tradizioni e i modi di “essere” degli esseri umani che abitano un territorio.
Quando sono interessata a raccontare una storia, parlo con le persone e cerco di spiegare l’idea di ciò che voglio fare. A volte è difficile perché ci sono persone che non vedono quello che vedo io e spesso mi dicono che non c’è nulla di interessante nella loro vita. Ritengo che sia normale che ciò accada quando siamo abituati a una vita quotidiana e a un modo di vivere. Per esempio, il fatto che in un luogo ci sia o meno l’acqua può essere comune per i suoi abitanti, perché hanno sviluppato dei modi per prenderla, conservarla, berla, ecc… ma per un estraneo ci sarà sempre qualcosa di sorprendente e da ammirare nelle abitudini altrui.
Quindi il mio rapporto con le persone, con ciò che mi raccontano, con quello che condividiamo, è una parte essenziale delle mie fotografie. Perché in esse sono racchiuse parte delle storie che mi hanno raccontato.

Parliamo di tecnica. “Huele a lluvia” è una serie di ritratti stampati su piante. Poiché le persone fotografate vivono nella Foresta Tropicale Secca in Colombia, la tecnica scelta assume un preciso significato concettuale. In effetti, per i giurati del XIII Premio PHOTO IILA questa sintesi tra concetto e tecnica è stata fra le motivazioni della tua scelta come vincitrice. Qual è il tuo rapporto con la tecnica fotografica, quanto della tua ricerca è dedicata a questo aspetto?
Per me la fotografia stessa e le sue tecniche sono uno strumento per raccontare storie e le storie stesse dicono come vogliono essere raccontate. Può sembrare un cliché, ma se si presta attenzione a ciò che si vuole raccontare, prima o poi si saprà come farlo.
La lettura delle immagini è qualcosa che non ci viene insegnato, nonostante questo siamo quotidianamente bombardati da pubblicità e audiovisivi. Ritengo che questa parte sia molto più importante della tecnica stessa, perché la concettualizzazione e il modo di raccontare una storia ci fa prendere in considerazione forme, media e strumenti contemporanei per stabilire dialoghi attuali.

Hai vinto una residenza d’artista a Roma per realizzare una nuova opera site specific. Non ti chiediamo cosa presenterai il prossimo anno, sappiamo che ti trovi in una fase di esplorazione urbana e di studio, ma vorremmo sapere come ti relazioni con la città, come si inserisce nella tua ricerca un luogo così suggestivo dal punto di vista storico, visivo e culturale…
Venendo da un soggetto come “Huele a Lluvia”, dove l’acqua è completamente assente, trovo affascinante venire in una città che storicamente ha una forte relazione con l’acqua, una città che è stata costruita mantenendo una relazione molto stretta con questo elemento. Guardo l’acqua da tre punti di vista: architettura, natura e comunità. Naturalmente, la parte umana tende a essere più complessa, perché ho imparato molto dagli antichi acquedotti, dalle fontane, dai nasoni (che per me sono una grande dimostrazione democratica di accesso all’acqua), dal mare, dal fiume, dai laghi e dalle persone in relazione ad essi. Tuttavia, Roma non può essere intesa solo come la città dei confini politici; così come il Tevere non nasce e muore all’interno di Roma, l’acqua, il cibo, la gente, sono un intreccio complesso che trascende i confini di ciò che può essere concepito come città, ma che la rende la Città Eterna. Ho potuto vedere la complessità nella Roma di oggi inserita in un mondo che parla di cambiamenti climatici e dove non è facile sostenere il precetto dell’acqua che scorre libera e continua; dove il Mediterraneo ricco e abbondante ha garantito le condizioni per la nascita di una grande civiltà, che è un mondo che sognano – molti per necessità – anche i migranti e i rifugiati.
Gabriel García Márquez diceva che l’acqua è la voce naturale di Roma, ma ora mi chiedo se noi turisti (mi ci metto anch’io) riusciremo mai a far sentire quel mormorio. E per quanto Roma sia abbagliante, credo che l’acqua sia la vena della città, da cui scaturisce la vita e che le ha permesso di essere ciò che è. Per questo motivo, la tecnica si svilupperà in base a ciò che il progetto stesso richiede.

Vademecum
Mostra XIII PHOTO IILA “V.A.S.! Vida, Agua, Salud”
fino al 6 novembre 2022
Museo di Roma in Trastevere
Piazza S. Egidio 1/b
da martedì a domenica ore 10.00 – 20.00; La biglietteria chiude alle ore 19.00
Info: Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00) www.museodiromaintrastevere.it; www.museiincomuneroma.it
biglietto unico comprensivo di ingresso al museo e alle mostre
Intero: € 9,50 Ridotto: € 8,50
Per i residenti in Roma Capitale e nell’area metropolitana (mediante esibizione di valido documento che attesti la residenza):
Intero: € 8,50 Ridotto: € 7,50
gratuito con Mic Card
Domenica 6 novembre ingresso gratuito al Museo
Incontro pubblico con Natalia Ortiz
venerdi 4 novembre ore 18.30
csfAdams, Via Biagio Pallai 12, Roma
ingresso gratuito