La sedicesima campagna della Missione Archeologica Italiana in Anatolia Centrale, guidata dall’Università di Pisa, dopo oltre due mesi di intensi scavi nel cuore della Turchia, a Uşaklı Höyük, ha portato alla luce nuovi dettagli sulla presunta identità di Zippalanda, l’antica “città santa” degli Ittiti. Sebbene l’attesa per la prova definitiva continui, i risultati finora ottenuti sembrano avvicinare sempre di più alla soluzione di questo enigma.

Il mistero della struttura circolare
Al centro delle scoperte più recenti si trova una struttura circolare rinvenuta nel 2022, la cui natura è ancora avvolta nel mistero. Il professor Anacleto D’Agostino dell’Università di Pisa, direttore degli scavi, condivide le prime impressioni: «Siamo ancora in attesa dei risultati dello studio archeozoologico, ma il ricco repertorio di resti faunistici trovato all’interno, principalmente pecore e capre, con segni di lavorazione particolare, sembra confermare una sua interpretazione in chiave rituale. Ipotesi realistica, vista anche la sua vicinanza al tempio della città bassa, riportato alla luce nel 2013».

L’ampliamento degli scavi ha portato alla luce ulteriori dettagli che alimentano la teoria del carattere rituale del sito. Scheletri parziali di bambini, accanto a un focolare con accumuli di cenere e frammenti ceramici, aggiungono un tocco enigmatico all’indagine. Frammenti di intonaco dipinto a fresco con motivi geometrici e figurati, uniti a particolari vasi a forma di avambraccio utilizzati per le libagioni, forniscono ulteriori elementi che rafforzano l’ipotesi di uno spazio legato alle attività rituali.

Scavi e ricerche oltre la “Città Santa”
La campagna archeologica non si è limitata alla ricerca della presunta Zippalanda. Gli archeologi si sono concentrati anche su altre aree della città, continuando lo scavo della necropoli individuata l’anno precedente. Le tombe di epoca tardo romana e bizantina forniscono preziose informazioni sulle pratiche funerarie e sullo studio delle paleopatologie e del DNA.
Una prospettiva multidisciplinare
I ricercatori stanno anche approfondendo le analisi dei resti vegetali e delle ossa animali, che possono fornire importanti informazioni riguardanti uno dei filoni principali di ricerca del progetto, relativo all’archeologia dell’alimentazione.
Il professor D’Agostino sottolinea l’importanza di questi studi: «I resti di cibo e degli animali abbattuti, insieme ai contenitori ceramici specifici, permettono di ricostruire aspetti importanti relativi alle pratiche di cottura e sfruttamento delle risorse via via a disposizione, dando nuovo impulso alla ricostruzione del paesaggio antico, a definire aspetti quotidiani legati alle ricorrenti crisi che lo hanno riguardato e alle risposte che la società ha saputo trovare nel corso del tempo».
Il progetto, in corso dal 2008, non si limita alla ricerca archeologica ma abbraccia una prospettiva multidisciplinare. Le ricerche di paleobotanica, archeozoologia e paleoantropologia hanno contribuito a comprendere come l’uso del territorio e le abitudini alimentari si siano trasformate nel corso dei secoli, in risposta alle varie trasformazioni sociali e politiche.