MILANO – Con l’installazione di opere dell’artista francese Jean Bedez (Colmar, 1976) si chiude il progetto espositivo La forma dell’oro, a cura di Melania Rossi, presso BUILDINGBOX Milano. Sans Titre [Senza titolo ] è il titolo della mostra di Bedez, visitabile dal 30 novembre al 31 dicembre 2021.
Per questo progetto Jean Bedez ha preso ispirazione dal mondo antico, rievocando il mito dell’età dell’oro, sogno utopico che risale agli albori del genere umano.
La stirpe aurea e la fortuna letteraria del mito
La stirpe aurea nel mito è quella vissuta in perfetta armonia, senza conoscere affanno o dolore, a cui la natura donava i propri frutti spontaneamente e in abbondanza. Viene cantata per la prima volta dal poeta greco Esiodo (VIII-VII sec. a.C.).
Dopo il furto del fuoco da parte di Prometeo, a cui segue la creazione da parte degli dei di Pandora, la prima donna, inizia il progressivo declino della stirpe umana: l’argentea bellicosa, la bronzea violenta, quella degli eroi dedita solo alle guerre e infine la stirpe ferrea, la peggiore di tutte. La fortuna letteraria e artistica del mito è ben nota. Da Platone a Nietzsche, da Michelangelo a Cranach, fino a Gauguin che andò fisicamente a cercare il paradiso perduto a Tahiti, l’idea è stata ripresa da filosofi, scrittori e artisti come allegoria del decadimento del tempo presente rispetto a quello passato, così come della costante ricerca di un idillio di pace e prosperità che attraversa ciclicamente ogni epoca.Jean Bedez, Atlas portant le monde [Atlante che sorregge il mondo], 2021 disegno a pigmenti naturali e carboncino su carta, 133 x 98 cm, Ph. Rebecca Fanuele Jean Bedez, Hercule tuant Cacus avec une massue [Ercole uccide Caco con una clava], 2021
Il progetto di Bedez
L’artista francese nei lavori esposti da BUILDINGBOX rielabora immagini tratte dalla statuaria classica, ispirate ai miti delle fatiche di Ercole e Atlante, metafore della condizione umana a seguito della sua involuzione dalla stirpe dell’oro a quella del ferro.
Quelle proposte da Bedez sono figure possenti e incomplete, che possiedono la verticalità distintiva della tradizione rappresentativa occidentale, che vede l’uomo teso verso l’eterno ultraterreno e verso l’esplorazione dei misteri dell’universo, ma sono impegnate in azioni che le riportano inesorabilmente al suolo, alla fatica dell’esistenza mortale.
L’artista suggerisce un’idea del tempo non lineare, in cui passato, presente e futuro si compenetrano, rappresentando eterne lotte tra giganti in paesaggi e atmosfere da origine (o fine?) del mondo.

L’oro compare nella serie di tre piccole sculture in gesso che rappresentano un toro mancante di varie parti del corpo. La doratura evidenzia la drammaticità delle amputazioni, ma allo stesso tempo rende preziose le assenze, i vuoti lasciati da ciò che si è perso nel tempo. Bedez intende rievocare poeticamente il significato mitico di questo animale, dalla lotta alla pari contro l’eroe al suo addomesticamento nelle età successive a quella dell’oro, quando diviene schiavo dell’uomo nel duro lavoro dei campi, facendosi emblema dei rapporti di dominio della nostra società.
Vademecum
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